Cresce la dicoccupazione giovanile (15-24 anni), raggiungendo il 28,2% nel mese di febbraio, il valore più alto da gennaio 2004. Un dato di gran lunga superiore rispetto al tasso di disoccupazione giovanile registrato, sempre a febbraio, nella UE-27, dove si è attestato al 20,6%: lo stacco è di 7,6 punti percentuali.
Differenza che raggiunge gli 8,2 punti nel confronto con il relativo tasso nella zona dell'euro, al 20%. Ma l'area dell'Ue-16 non si esime da un altrettanto negativo record: il tasso di disoccupazione totale ha infatti raggiunto il 10%, contro il 9,9% di gennaio. Il picco per i 16 paesi della moneta unica dall'agosto del 1998. I dati, resi noti dall'ISTAT ed Eurostat, sollevano un allarme giovani e confermano la gravità della crisi in atto.
Continuano a calare, infatti, gli occupati sia rispetto al mese precedente sia rispetto allo stesso mese dello scorso anno con un pesantissimo calo di 395mila unità: un mese in cui la crisi aveva già pesantemente colpito e il dato dell'occupazione già fortemente calato. Intanto la disoccupazione e il numero degli inattivi continuano a crescere ha ricordato il Segretario Confederale Fulvio Fammoni commentando i dati ISTAT.
"A chi dice che la crisi è finita - si domanda il dirigente sindacale - questi dati basteranno perchè la si smetta con gli slogan? Si continuerà con la solita considerazione che stiamo meglio di altri o ci si occuperà del fatto che mese dopo mese l'occupazione in Italia peggiora?". Inoltre, aggiunge Fammoni, "questi dati sia pur gravissimi non dicono neppure tutto. La disoccupazione giovanile in un mese aumenta dello 0,8%: un vero record negativo e si conferma il picco negativo di Europa. I dati sugli occupati sono solo numerici.
Non parlano della qualità delle nuove assunzioni, oramai quasi solamente fatte di lavoro precario". Secondo Fammoni quindi "la crisi c'è, ed è terribilmente reale e bisogna fare di più: non è accettabile affermare che è stato già fatto tutto il possibile. Servono tutele straordinarie al lavoro, serve bloccare licenziamenti e precarizzazione, far ripartire la produzione ed i consumi.
Questo è quello che la CGIL ha chiesto il 12 marzo con lo sciopero generale, questo è quello che un governo dell'ottimismo di maniera smentito dalla realtà, si ostina a non fare. Per questo - conclude - la nostra mobilitazione proseguirà fino a risultati effettivi".

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