Il Fai ha organizzato sul tema una giornata di studi. Quale futuro per le aziende di famiglia? Affidarla agli eredi. Venderla. Oppure scegliere per la successione un ente no profit, che ne diventa proprietario, ne nomina i manager e ne traccia il futuro attraverso uno statuto che garantisca il rispetto delle regole e persone di fiducia alla guida? (Scopri di più su: IlGiornaleDelleFondazioni.com)
  • Cristina Casoli
Michelangelo Benini, patron della Faac che a Bologna produce cancelli, nel 2012 lasciò erede la Chiesa, generando grande scontro con la famiglia e un dibattito sul futuro dell’azienda che pare in ottima salute.

Giorgio Armani ha deciso di affidare il futuro del proprio impero (2,6 mld di euro di ricavi, più di 500 milioni di margine operativo lordo e una liquidità di 640 milioni) a una fondazione, uno strumento di diritto italianoper indirizzare le scelte future dell’impresa dopo la scomparsa del fondatore, per realizzare progetti di utilità pubblica e sociale.

Anche Brunello Cucinelli ha seguito questa strada, ma istituendo un trust irrevocabile, Esperia Company, nel quale ha trasferito come trustee, l’intera partecipazione da lui detenuta in Fedone srl (61,56% del capitale dell’omonimo gruppo). Una scelta, come da dichiarazioni, volta ad assicurare che nel quadro del passaggio generazionale, la strategia perseguita dall’imprenditore e quindi le sue volontà abbiano continuità, garantendo la coesione della società. Beneficiarie le figlei, Camilla e Carolina, ma con un indirizzo coerente alle attività di interesse sociale e culturale proprio alla filosofia di vita del fondatore, con l’unitarietà del Borgo di Solomeo che Cucinelli ha fatto rinascere.

Nel Nord Europa il modello di passaggio generazionale attraverso fondazioni e trust è diffuso. Ikea è controllato dalla Stichting Ingka Foundation. La società produttrice della birra Carlsberg, fin dal 1876 è controllata dall’omonima fondazione. Il 25% delle grandi imprese danesi è in mano a fondazioni. Nel 1960, alla sua morte, Hans Wilsdorf lasciò Rolex alla sua erede, la fondazione. Il 92% della Bosch è posseduto dalla Robert Bosch Stiftung. Il gruppo tedesco di supermercati Lidl è controllato dalla Dieter Schwarz Foundation.

Il Fai-Fondo ambiente italiano ha organizzato sul tema una giornata di studi con il prof. Eugenio Barcellona, docente di diritto commerciale all’Università del Piemonte Orientale e partner dello studio legale Pedersoli, in collaborazione con l’ordine dei commercialisti e degli avvocati, a cui ha partecipato il giurista Piergaetano Marchetti, l’economista Giulio Sapelli, l’imprenditore Luca Garavoglia di Campari e Francesco Profumo, Presidente della Compagnia di S. Paolo.

Quale futuro per le aziende di famiglia? Affidarla agli eredi. Venderla. Oppure scegliere per la successione un ente no profit, che ne diventa proprietario, ne nomina i manager e ne traccia il futuro attraverso un chiaro statuto che garantisca il rispetto delle regole e persone di fiducia alla guida?

Quali i vantaggi di questa soluzione? “Figli e nipoti possono essere inseriti nella fondazione, ma per loro diventa molto più difficile dividere o alienare il patrimonio”, considera Fabrizio Assandri che ne ha scritto per la Stampa. In primis mantere compatta la governance ed evitare la polverizzazione tra eredi. A ruota, investire in proventi nello sviluppo dell’impresa e soprattutto nello sviluppo socio-economico. Fiscalmente si supera l’imposta di successione o donazione e si beneficia del regimi agevolati riservati agli enti non lucrativi.

La strada non è spianata in Italia e le fondazioni sono oggi al centro dell’attuazione della riforma del Terzo settore.

Durante il convegno, come riferisce Assandri, Luca Garavoglia di Campari auspica un modello pienamente privatistico delle fondazioni, «uno strumento che faccia da filtro tra la famiglia del fondatore e l’azienda, per evitare arbitrio e familismo».

Le 129 fondazioni d’impresa operative in Italia guarderanno in futuro anche alla governance dell’impresa?

Dibattito aperto.

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