In occasione della visita in Italia del capo di stato libico Muhammar Gheddafi, la Sezione Italiana di Amnesty International ha scritto al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, ai presidenti di Camera e Senato e ai ministri degli Esteri, degli Interni e delle Pari opportunità, in vista degli incontri delle istituzioni col presidente Gheddafi, chiedendo che sia posta fine alla cooperazione poco trasparente e priva di garanzie in materia di diritti umani, che ha sinora contraddistinto le relazioni tra Italia e Libia.

Di recente, questa cooperazione ha trovato il suo culmine negativo in gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani compiute dall'Italia nel Mar Mediterraneo a scapito di circa 500 migranti e richiedenti asilo, ricondotti forzatamente in Libia a prescindere da qualsiasi valutazione del loro bisogno di protezione internazionale.

Una missione di Amnesty International ha visitato la Libia tra il 15 e il 23 maggio 2009, recandosi tra l'altro presso il centro di detenzione di Misratah, dove centinaia di cittadini non libici, per lo più provenienti dall'Eritrea ma anche da Somalia, Nigeria e Mali, sono detenuti in condizioni di grave sovraffollamento. Al momento della visita, nel centro si trovavano tra le 600 e le 700 persone, a fronte di un'asserita capacità massima di 350 persone. A Misratah i detenuti sono costretti a dormire sul pavimento, i servizi sanitari sono insufficienti e non esiste alcuna forma di privacy. Il centro è sottoposto al controllo del Comitato generale popolare per la sicurezza pubblica ed è sottratto alla competenza delle autorità giudiziarie. Molte delle persone detenute al suo interno vi sono state condotte dopo essere state fermate dalle autorità libiche mentre tentavano di raggiungere l'Italia o altri paesi dell'Europa meridionale.

Amnesty International ha potuto ascoltare le testimonianze di diversi migranti detenuti, alcuni dei quali si trovano a Misratah da due anni. Diversi detenuti hanno dichiarato che le condizioni a Misratah sono migliori che in altri centri in Libia, dove essi erano stati precedentemente trattenuti.

Durante la visita in Libia, Amnesty International ha inoltre raccolto preoccupanti denunce di trattamenti discriminatori e degradanti e di maltrattamenti nei confronti di migranti originari di paesi dell'Africa subsahariana, da parte di cittadini libici e delle forze di polizia libiche.

La Libia non ha un sistema d'asilo funzionante e, nonostante una bozza di legge sull'asilo sia attualmente in discussione, durante la propria missione in Libia Amnesty International non ha ricevuto informazioni su tale testo e le autorità libiche hanno negato la presenza di rifugiati nel territorio dello stato. Le stesse autorità hanno inoltre indicato di non avere alcuna intenzione di aderire alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Intanto, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) può operare a Tripoli, ma la Libia rifiuta di firmare accordi che ne riconoscano formalmente la presenza. Nel 2007 il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti umani ha espresso preoccupazione per le denunce secondo le quali le autorità libiche avevano sistematicamente rinviato rifugiati e richiedenti asilo verso paesi dove gli stessi erano a rischio di tortura e altri maltrattamenti e per le persistenti denunce secondo cui migranti, richiedenti asilo e rifugiati arrestati e detenuti in Libia sono soggetti a torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

Le politiche di immigrazione e asilo sono da tempo al centro del dialogo tra Italia e Libia, che da parte italiana si è giovato negli ultimi 10 anni della mediazione degli onorevoli D'Alema, Fassino, Pisanu e Amato, nei loro ruoli istituzionali di ministri. La cooperazione così costruita è sfociata in un accordo di "Amicizia, partenariato e cooperazione", firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi e dal leader libico Gheddafi a Tripoli nell'agosto 2008 e velocemente ratificato dal parlamento italiano a febbraio 2009. Questo trattato non dedica spazio alla tutela concreta dei diritti umani e costruisce le premesse politiche della cooperazione in materia di immigrazione, impegnando tra l'altro l'Italia a finanziare per il 50 per cento un sistema di controllo delle frontiere terrestri della Libia.

Un passaggio fondamentale del dialogo Italia-Libia è costituito dagli accordi tecnici conclusi a fine 2007 dall'allora ministro dell'Interno Amato, i quali dispongono il pattugliamento marittimo congiunto da parte di un nucleo operativo italo-libico, dichiaratamente a comando libico, per mezzo di navi della Guardia di Finanza fornite dall'Italia. Il 14 maggio 2009, tre motovedette della Guardia di Finanza sono state consegnate dal ministro dell'Interno Maroni al governo libico per il pattugliamento del Mediterraneo.

Tra il 7 e l'11 maggio 2009, con una decisione senza precedenti, l'Italia ha condotto forzatamente in Libia circa 500 tra migranti e richiedenti asilo, senza alcuna valutazione sul possibile bisogno di protezione internazionale degli stessi e quindi violando i propri obblighi in materia di diritto internazionale d'asilo e dei diritti umani. Il 75 per cento delle persone che arrivano in Italia via mare sono richiedenti asilo e, secondo l'Unhcr, tra le persone rinviate in Libia vi erano cittadini somali ed eritrei, bisognosi di protezione. Tra gli obblighi dell'Italia nei confronti di chiunque si trovi sottoposto alla propria giurisdizione, vi è quello di non rinviare nessuno in un paese in cui sarebbe a rischio di persecuzioni, torture e altre gravi violazioni dei diritti umani e, rispetto a chi si trovi in condizioni di pericolo in mare, c'è quello di condurlo senza indugio in un posto sicuro, ossia un luogo che presenti le caratteristiche minime per garantire l'assistenza umanitaria e un'equa valutazione delle domande di asilo. La Libia non ha queste caratteristiche e l'Italia non potrà che essere considerata responsabile per quanto avverrà alle persone ricondotte in Libia con la forza.

Nonostante le ripetute richieste sottoposte alle autorità da Amnesty International durante la propria missione in Libia, resta oscura la situazione di diversi migranti, richiedenti asilo e rifugiati rinviati in Libia dall'Italia dopo essere stati intercettati in alto mare. In Libia le persone vengono frequentemente spostate da un centro di detenzione all'altro e la registrazione di migranti, richiedenti asilo e rifugiati detenuti è altamente deficitaria, cosa che rende assai problematico il monitoraggio della situazione.

La Sezione Italiana di Amnesty International ritiene che non sia troppo tardi per invertire la rotta e che l'Italia dovrebbe cogliere questa importante occasione per inviare un segnale forte alla Libia in materia di diritti umani, piuttosto che scaricare addosso a questo paese le proprie responsabilità nei confronti dei richiedenti asilo, ipotizzando di appaltargli la gestione di questioni vitali per l'incolumità e per i diritti umani come il riconoscimento della protezione internazionale a chi fugge da persecuzioni, tortura e altri abusi gravi.

Mercoledì 10 giugno, in concomitanza con il primo giorno della visita del leader libico Gheddafi in Italia, la Sezione Italiana di Amnesty International prenderà parte a una manifestazione organizzata a Roma da Fortress Europe, Asinitas Onlus e dagli autori del documentario "Come un uomo sulla terra" (Andrea Segre, Riccardo Biadene e Dagmawi Yimer). Dalle 18 in piazza Farnese avranno luogo reading di testimonianze sulla Libia, poesie, intermezzi musicali e momenti di informazione e di riflessione. Saranno presenti Ascanio Celestini, Andrea Satta, il coro multietnico Casilino 23, Goffredo Fofi, Andrea Pandolfo, Monserrat, Igiaba Scego, gli studenti della scuola di italiano Asinitas e altri scrittori, giornalisti e attori teatrali.

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Amnesty International Italia - Ufficio stampa
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