Il sistema carcerario italiano è al collasso, il sovraffollamento è a livelli ormai insostenibili. Gliistituti penitenziari, che dovrebbero servire alla rieducazione e al reinserimento sociale, produconosolo disperazione e suicidi. A nulla è servita neppure la ben nota mozione della CommissioneEuropea, dove si sottolinea l'inosservanza dei principi umani fondamentali da parte dell'Italia. Tuttociò produce gravi ripercussioni sulla salute dei detenuti e degli operatori delle carceri, soprattutto intema di patologie gravi, tra le quali l'infezione da Hiv.

La tutela dei diritti umani, soprattutto delle popolazioni più vulnerabili, è stato il tema principaledell'ultima Conferenza mondiale sull'Aids, che si è svolta a Vienna a luglio. L'impegno dellenazioni a contrastare il propagarsi dell'epidemia di Hiv, come è stato più volte ribadito in numerosesessioni dedicate, passa anche per l'attuazione di precise politiche di prevenzione e di riduzione deldanno nelle carceri. La fornitura di strumenti quali i preservativi e le siringhe sterili è fondamentale,come sancito in numerosi documenti ufficiali della Commissione europea, dell'Organizzazionemondiale della Sanità e dell'Onu (Unaids e Unodc). Tanto più, aggiungiamo noi, nella situazioneitaliana, dove il sovraffollamento è dovuto anche se non soprattutto all'incarcerazione sistematica dipersone tossicodipendenti, che avrebbero bisogno più di essere curate che internate.

La Lila aveva espresso la propria preoccupazione su questo problema ancor prima della Conferenzamondiale, inviando a gennaio una lettera al ministro della Salute Ferruccio Fazio, per chiedere cheanche in Italia siano messe in atto tali strategie negli istituti penitenziari. Strategie che riguardano ildiritto alla salute di tutti i detenuti, che già hanno dato ottimi e documentati risultati dove sono stateavviate e implementate, a cominciare da Spagna e Svizzera (sono circa 60 i Paesi nel mondo chehanno tali programmi, compreso l'Iran), e perciò sostenute dagli organismi internazionali, ma chedifficilmente trovano cittadinanza nel dibattito politico italiano sul carcere.

Insomma il clima è sempre più esasperante, con celle che contengono il doppio e il triplo deidetenuti previsti, con una situazione igienico sanitaria estrema, mentre mancano le cose essenziali,dalla carta igienica all'acqua calda. Le persone sieropositive sono quelle che pagano maggiormentequesta situazione, per loro, oltre alla carenza di cure, dovuta anche alla mancanza di personalepenitenziario che le accompagni in ospedale, esiste il rischio di contrarre alcune malattie che per lepersone con Hiv diventano letali, ricordiamo solo poco tempo fa la morte di una detenuta nellasezione femminile del carcere di Rebibbia per una banale varicella. E non pochi, nella drammaticalista dei decessi che si registrano ogni anno nelle carceri italiane, erano detenuti sieropositivi(almeno sei in sei mesi, in aprile ci furono due decessi di persone con Hiv nel giro di quattrogiorni!).

Quante siano le persone sieropositive detenute non lo sappiamo. Studi recenti, l'ultimo a curadell'Istituto superiore di Sanità, parlano di una prevalenza del 7,5 per cento, è un dato molto alto,ma ciò non pare smuovere alcuna coscienza politica. Negli anni Novanta oltre la metà dei detenutisi sottoponeva al test Hiv, oggi questa percentuale è drammaticamente crollata fino a meno di unterzo. La Lila non accetta ipotesi sciagurate quale l'obbligatorietà del test, che può essere avanzatasolo da chi ignori i principi costituzionali e i pericoli (per la salute pubblica) diun tale approccio,che tutti gli organismi internazionali sconsigliano, ma non può non sottolineare anche questacarenza in ambito di prevenzione.

A chi voglia ribattere che negli anni Novanta la percentuale di persone con Hiv in carcere era del 10per cento (dato del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria), rispondiamo che allora nonc'era l'affollamento di oggi: il calo ci sarebbe in termini relativi, ma non assoluti, visto che il 10 percento di 20mila non è il 7,5 per cento di 70mila, ovvero l'ammontare della popolazione carceraria dioggi.

Intanto ci sono persone detenute che stanno molto male, che non solo vivono con l'Hiv ma hannogià sviluppato l'Aids, e che spesso hanno altre gravi patologie correlate quali tumori ed epatiti. Lalegge aveva previsto l'incompatibilità tra Aids e detenzione, ma ormai più di quindici anni fa è stataresa inutile (strumentalizzando i reati della cosiddetta "banda dell'Aids") e mai più presa inconsiderazione. E tutt'ora un detenuto in Aids deve attendere la firma di un magistrato e non di unmedico affinché possa evitare di morire in una cella malsana e affollata. Ma anche per chi hal'infezione da HIV la situazione è difficile. Molti penitenziari, nonostante il DPCM 1 aprile 2008 siastato pubblicato due anni fa, non sono in grado di garantire cure e assistenza adeguati a una personacon HIV come previsto. Cambi e sospensioni di terapie antiretrovirali sono all'ordine del giorno,nonostante sia risaputo che questo ha un impatto molto negativo sull'efficacia della cura esoprattutto sula salute della persona trattata, e in molte carceri non vi sono medici infettivologiperché fortissimi sono i ritardi e le resistenze al trasferimento del Sistema sanitario penitenziario alSistema sanitario nazionale, e non vengono stipulate le convenzioni con i reparti di Malattieinfettive.

La prevenzione in carcere di Hiv e altre patologie trasmissibili (tubercolosi, epatiti) tramite condome aghi sterili non è fantascienza, e l'evidenza della sua efficacia è ampiamente documentata. Cosìcome è nota l'importanza di controlli specialistici e la disponibilità di terapie antiretrovirali. Anchel'Italia, dove la maggioranza delle persone detenute è tossicodipendente, deve prendere atto di taleevidenza, procedendo almeno con una valutazione della reale dimensione del problema sanitario incarcere, in riferimento all'Hiv/Aids e non solo. Anche in Italia le persone detenute devono avereaccesso alla medesima assistenza sanitaria cui hanno diritto tutti gli altri cittadini.

Il diritto alla salute è un Diritto umano. E vale per tutti, anche per i detenuti

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