Che il progresso non sia quantificabile unicamente con la ricchezza economica prodotta, è un dato ormai condiviso. Altra cosa è ottenere lo stesso grado di condivisione su quali siano i migliori indicatori cosiddetti alternativi, o più semplicemente 'oltre il Pil', con cui affiancare o sostituire appunto il Pil. Che nel frattempo rimane in pratica l’unico punto di riferimento su cui si basano politiche economiche, fiscali, confronti internazionali.

Nei decenni, dato che già nel 1968 ne parlò Bob Kennedy in un celebre discorso sulla ricchezza delle nazioni all’Università del Kansas, molte proposte sono emerse a livello internazionale. Basti pensare all’Indice di Sviluppo umano delle Nazioni Unite, al Fil (Felicità interna lorda) che si calcola nel piccolo regno asiatico del Bhutan, al Bes (Benessere equo e sostenibile) proposto di recente in Italia da Istat e Cnel.

L’ultima proposta in ordine di tempo arriva da uno dei massimi esperti mondiali di discipline manageriali e non solo, Michael Porter, docente alla Harvard Business school, i cui pareri sono molto ascoltati da governi come da aziende multinazionali. La sua proposta è il Social Progress index (Spi), che cerca di misurare il grado in cui un Paese soddisfa i bisogni sociali eambientali dei propri cittadini. L’indice (www.socialprogressimperative. org) considera tre macro-dimensioni: diritti umani di base, benessere, opportunità. Ogni dimensione è poi suddivisa al suo interno in una pluralità di elementi, mappati da circa una cinquantina di indicatori.

Fra i diritti umani trovano posto ad esempio il tasso di mortalità materna e infantile, l’accesso all’acqua potabile, alle strutture sanitarie e all’energia elettrica. All’interno della dimensione benessere si vanno invece a guardare il tasso di alfabetizzazione, la diffusione di Internet in banda larga, la libertà di stampa, l’impronta ecologica dei consumi e le emissioni procapite di Co2. In riferimento alle opportunità, infine, si parla di libertà religiosa e di parola, di diritti politici, di tolleranza per gli immigrati e di accesso all’istruzione superiore, in particolare per le donne.

Difficile dire ora quanta accoglienza potrà trovare la proposta di Porter. Ma ciò che più conta è quanto lo Spi contribuirà a far crescere la consapevolezza del fatto che, se davvero ciò che si vuole conseguire è il progresso sociale, e non solo quello economico, l’ingresso effettivo di questi indicatori nelle stanze dove si prendono decisioni che influenzano la vita di milioni dipersone non può più tardare.

in "Buone azioni" a cura di Andrea Di Turi

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