È una vera riforma, la nuova legge sulla Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Importanti le innovazioni rispetto alla precedente legge del 1987, ventisette anni fa. È stata pensata per inserirsi al meglio nella complessità odierna del sistema internazionale ed europeo. Per responsabilizzare e valorizzare tutti i soggetti, pubblici e privati, che intendono impegnarsi in questa parte qualificante della politica estera, come recita il primo articolo. Per cercare di assicurare la coerenza delle politiche ai fini della lotta alla povertà e dello sviluppo sostenibile. Per costruire rapporti di partenariato e di mutuo interesse, nel reciproco rispetto tra paesi e comunità. Per garantire maggiore efficacia alla pluralità delle iniziative italiane, nazionali e territoriali. Per accrescere e qualificare il ruolo dell’Italia nel mondo. (http://www.arciculturaesviluppo.it/blog/2014/07/23/la-nuova-legge-sulla-cooperazione-una-vera-riforma-che-qualifica-litalia-nel-mondo/)

di Nino Sergi, Presidente di INTERSOS su Repubblica.it

Il ruolo del nostro Paese. Un paese come il nostro, al centro del Mediterraneo e contiguo all’Africa e al Medio Oriente, deve saper esprimere, al meglio, politiche e rapporti di cooperazione. Nel mondo globalizzato i confini geopolitici e quelli della povertà hanno assunto spazi e significati nuovi e caratteri temporali mutevoli. La cooperazione li fa propri, in una visione di aiuto, se e finché necessario, e insieme di mutuo interesse e beneficio, per costruire, congiuntamente, sviluppo e crescita sostenibili e condizioni per garantire la pace.

Modifiche che migliorative. Il Senato ha approvata il testo il 25 giugno. La Commissione Esteri della Camera l’ha fatto il 10 luglio, apportando alcune modifiche migliorative. L’Aula è chiamata ora ad approvarlo. speriamo recependo alcune modifiche migliorative proposte dalle Ong e da altri soggetti sociali. Prima della sospensione estiva dei lavori parlamentari, dovrebbe quindi diventare Legge dello Stato. L’iter di riforma della legge è iniziato più di quindici anni fa, ed è giusto ricordare almeno alcuni tra i tanti protagonisti di questo cammino: Provera, Serri, D’Alema, Sentinelli, Riccardi, Mantica, Tonini, Pistelli, Mogherini e i presidenti del Consiglio dei relativi periodi.

Un salto di qualità, ecco perché. Le innovazioni introdotte dalla legge rappresentano un salto di qualità nella governance complessiva della cooperazione pubblica italiana allo sviluppo. Le principali sono:
  • la nuova definizione di “Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale” (Maeci) che rende la cooperazione componente prioritaria e qualificante della politica estera italiana;
  • la chiara indicazione della responsabilità politica, con la nomina di un Viceministro a cui sono delegate tutte le competenze in materia di cooperazione allo sviluppo e a cui fanno riferimento una DGCS, Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, che svolgerà il lavoro politico-diplomatico generale e per aree di intervento, e un’Agenzia con ampia autonomia organizzativa, gestionale e di bilancio, per l’attuazione delle politiche di cooperazione e per assicurarne unitarietà, efficienza, trasparenza ed efficacia alle iniziative; le decisioni più rilevanti sono adottate dal Comitato Congiunto composto dalle tre figure del Viceministro, del Direttore generale per la cooperazione e del Direttore dell’Agenzia.
  • il documento triennale di programmazione e di indirizzo politico e strategico, approvato dal Consiglio dei Ministri, e la relazione annuale sulle attività di cooperazione con l’evidenza dei risultati ottenuti;
  • i poteri di indirizzo e controllo del Parlamento;
  • il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, che assicura la programmazione, il coordinamento dell’insieme delle attività, la coerenza delle politiche governative con i fini della cooperazione;
  • gli stanziamenti annuali complessivi accompagnati da una relazione allegata allo stato di previsione della spesa, con l’indicazione di quelli affidati ai singoli ministeri, per assicurare unitarietà e trasparenza, e la relazione allegata al rendiconto generale dello Stato, contenente i dati e gli elementi informativi sull’utilizzo di tali stanziamenti;
  • la partecipazione, con l’istituzione del Consiglio Nazionale, dei soggetti ed enti interessati, pubblici e privati, non profit e profit, nazionali e territoriali, alla definizione delle strategie, le linee di indirizzo, la programmazione, le forme di intervento, la valutazione dell’efficacia;
  • il riconoscimento, pur normato e definito, dato alle organizzazioni non profit della società civile, intese in senso ampio, compresi il commercio equo e solidale, le imprese cooperative e sociali, le associazioni di immigrati che mantengono rapporti di cooperazione con i paesi di provenienza, alle regioni e agli enti locali, alle università, alle istituzioni pubbliche e private capaci di alimentare i rapporti di cooperazione, fino al settore privato profit, qualora le imprese aderiscano “agli standard sulla responsabilità sociale, alle clausole ambientali, al rispetto delle norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali”, da coinvolgere per favorire lo sviluppo dell’imprenditoria locale, anche con imprese miste, e la creazione di posti di lavoro;
  • è previsto che la Cassa depositi e prestiti possa assolvere ai compiti di istituzione finanziaria per la cooperazione internazionale allo sviluppo, con la quale l’Agenzia può stipulare convenzioni per “la gestione dei profili finanziari delle iniziative di cooperazione” e per “la strutturazione di prodotti di finanza per lo sviluppo nell’ambito di accordi con organizzazioni finanziarie europee o internazionali o della partecipazione a programmi dell’Unione europea”; uno strumento che, come già avviene in altri paesi europei, può aggiungere disponibilità di risorse per lo sviluppo;
  • è infine sancito “un percorso definito di graduale adeguamento degli stanziamenti annuali, tale da porre l’Italia in linea con gli impegni assunti a livello europeo e internazionale”.
L’apertura a tutti i soggetti interessati. La “nuova” Cooperazione allo sviluppo, pur con i necessari criteri selettivi, si apre quindi a tutti i soggetti interessati, nazionali e territoriali, pubblici e privati, non profit e profit, compresi il volontariato, il servizio civile, i giovani, riconoscendoli possibili protagonisti dello sviluppo, in stretto legame di partenariato con le corrispondenti realtà istituzionali, sociali, comunitarie, culturali, economiche e produttive nei paesi partner.

Non è solo questione di linguaggio. Anche per questo la Camera sta recependo la proposta delle Ong, di molte organizzazioni sociali e alcune forze politiche, di modificare “APS, aiuto pubblico allo sviluppo” in “CPS, cooperazione pubblica allo sviluppo”. Non è solo questione di linguaggio: è un salto culturale, che mette fine alla logica donatore-ricevente, puntando decisamente sul rapporto di cooperazione e partenariato; che deve certamente contemplare il dono, ogniqualvolta necessario e quando esigenze di giustizia e di pacifica convivenza lo richiedano, come le situazioni di povertà e indigenza o le crisi umanitarie, quando cioè il dono è esso stesso atto di giustizia, senza però limitarsi ad esso.

Ho seguito il cammino della riforma. L’ho sperata, l’ho attesa per diciassette anni. Insieme a tanti operatori e operatrici della cooperazione internazionale delle Ong e non solo. Fosse toccato a noi, avremmo scritto diversamente alcune parti del disegno di legge e esplicitato maggiormente le finalità che devono guidare l’azione di tutti. Ma una legge non è un manifesto politico e, schematicamente, esse risultano comunque ben chiari e definite. Possiamo considerare il testo di legge che sta uscendo dal Parlamento una buona legge, adeguata ai tempi e aperta al futuro, coinvolgente, rispettosa dei paesi e delle comunità partner con cui ci si relaziona nella comune finalità di sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, intervenire per lo sviluppo sostenibile, in un visione di reciproco impegno e anche di mutuo beneficio, per l’affermazione dei diritti umani e della dignità di ogni persona, la convivenza, la prevenzione dei conflitti, la pace. Il Senato e la Camera hanno lavorato bene. Forse anche perché hanno prestato attenzione alle proposte proveniente dai vari attori, pubblici e privati, non profit e profit, della cooperazione internazionale allo sviluppo. Prossima tappa: il regolamento. Da seguire, nei sei mesi dopo l’entrata in vigore della legge.

Un seminario di confronto. Intanto, martedì 22 luglio le reti di Ong, AOI, CINI, LINK 2007, e l’Intergruppo parlamentare sulla Cooperazione allo sviluppo promuovono un seminario per mettere a confronto la nuova legge con l’esperienza di cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea. Camera dei Deputati, Sala della Mercede, Via della Mercede 55, Roma. Ore 9 - 11. Per partecipare è necessario iscriversi qui.

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