Non solo: nel Bel Paese il numero più alto di cittadini poveri in Europa. La migliore è la Danimarca, il peggiore Israele. Italia 32esima su 35 Paesi Ocse. (Scopri di più su: http://www.greenreport.it/news/consumi/poverta-dei-bambini-nei-paesi-ricchi-unicef-italia-diseguale/)

Giovedì scorso Eurostat ha pubblicato il quadro aggiornato (al 2015) sulla povertà in Europa. Nel suo complesso la percentuale di cittadini estremamente poveri nell’Unione continua a calare dal picco raggiunto nel 2012 (dal 9,9% all’8,2%), l’Italia conserva l’assai triste primato di Paese Ue con più poveri in termini assoluti. Su 41,092 milioni di poveri in Europa – un dato comunque ancora estremamente alto –, 6,982 milioni sono infatti italiani, mentre in un Paese comparabile come la Francia sono 2,824 milioni. Non sorprende dunque che, in questo contesto di diffuso disagio, a soffrirne particolarmente siano soprattutto le fasce più deboli della popolazione: i bambini.

A testimoniarlo è il nuovo rapporto “Equità per i bambini. Una classifica della disuguaglianza nel benessere dei bambini nei paesi ricchi” del Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef, il 13° della serie “Innocenti Report Card”, presenta evidenze su come la disuguaglianza colpisca i bambini nei paesi ad alto reddito.

Il rapporto confronta divario tra i minori appartenenti alla fascia sociale più bassa e quelli nella fascia media in 41 Stati dell’Unione Europea e dell’area Ocse e analizza le diseguaglianze in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita. Secondo il rapporto Unicef: «La Danimarca è in cima alla classifica (presenta cioè il valore minimo di diseguaglianza tra i bambini), mentre Israele è nella posizione più bassa in tutti gli ambiti analizzati. In 19 dei 41 Stati per i quali sono disponibili i dati, oltre il 10% dei bambini vive in famiglie che dispongono di meno di metà del reddito medio. Mentre la disuguaglianza nell’ambito della tutela della salute è aumentata in quasi tutti gli Stati tra il 2002 e il 2014, il divario nell’accesso ad attività fisiche, a un’alimentazione adeguata e all’alfabetizzazione è diminuito attenuato nella maggior parte dei paesi considerati».

L’Italia è in fondo alla classifica: 32esima su 35 Paesi Ocse e il presidente dell’Unicef Italia, Giacomo Guerrera, spiega: «Nel divario reddituale, l’Italia è al 35° posto su 41 paesi UE/OCSE, in quello relativo ai risultati scolastici è al 22° posto su 37 paesi. Quanto alla disuguaglianza relativa nell’ambito della salute, l’Italia si colloca al 28° posto su 35, e al 22° nella graduatoria sulla soddisfazione nei confronti della propria vita. Considerando tutte le dimensioni della diseguaglianza, la posizione media dell’Italia è la 32° su 35 paesi».

Ecco cosa dice il rapporto Unicef sulla situazione nel nostro Paese:
  • Reddito. Nel 2013, il tasso di povertà infantile in Italia è stato del 17,7%. I dati mostrano che più di un quarto (27%) dei bambini del paese viveva in famiglie ritenute soggette a deprivazione materiale perché non potevano permettersi 3 o più dei 9 beni classificati come essenziali, tra cui l’alloggio, il riscaldamento, un pasto proteico al giorno, un televisore a colori, una lavatrice, un’automobile, ecc. Circa i due terzi (65%) dei bambini appartenenti a famiglie nel 10% reddituale più basso vivevano in famiglie soggette a questo tipo di deprivazioni. Nel periodo 2008-2013 il divario di disuguaglianza reddituale è aumentato di 8 punti percentuali, in quanto il reddito del 10° percentile è diminuito più velocemente di quello della mediana. Tuttavia, c’è stata una leggera riduzione (6%) nel divario grazie alle prestazioni sociali.
  • Istruzione. Nel 2012, quasi il 12% dei quindicenni in Italia non ha raggiunto il livello 2 di competenza in tutte e tre le materie (lettura, matematica e scienze). Tuttavia, si è registrato un miglioramento di 3,3 punti percentuali rispetto al 2006. Sempre in questo periodo, il divario tra il risultato nella lettura da parte degli studenti al 10° percentile e quelli nella mediana si è ridotto di oltre 15 punti percentuali, grazie al miglioramento dei punteggi nel 10° percentile. Gli studenti maschi hanno una probabilità superiore di 5 punti percentuali di svantaggio didattico (al di sotto del livello di competenza 2 in tutte e tre le materie) rispetto alle ragazze. Come anche negli Stati Uniti, gli studenti italiani provenienti da contesti più svantaggiati hanno 16% di probabilità in più di avere uno svantaggio didattico rispetto alle ragazze.
  • Salute. Secondo lo studio HBSC del 2013/2014 sui comportamenti sanitari dei ragazzi in età scolare, il 30,5% degli adolescenti italiani ha riferito di soffrire quotidianamente di uno o più disturbi di salute. Le ragazze avevano il 17% di probabilità in più di restare indietro nell’ambito della salute rispetto ai ragazzi. Il divario relativo nell’ambito dei disturbi sanitari quotidiani e dell’attività fisica si è ampliato nel periodo 2002-2014, rispettivamente di 3,7 e 2,6 punti percentuali. Ciò è dovuto a punteggi in calo nella parte inferiore della classifica piuttosto che nella mediana. Si sono registrati miglioramenti positivi nella dieta dei bambini nel 10% più povero della popolazione minorile: hanno arricchito la loro alimentazione con maggiore apporto di frutta e verdura e ridotto il consumo di zucchero e bevande analcoliche.
  • Soddisfazione nei confronti della vita. Nello studio HBSC sopracitato, l’8% degli adolescenti ha indicato un livello di soddisfazione nei confronti della propria vita che non ha superato 4 su una scala da 1 a 10. Si evidenzia anche una certa differenza nei punteggi medi tra i bambini immigrati e non immigrati, con un calo di 0,39 punti per la prima generazione, e quindi un aumento di 0,20 punti percentuali per la seconda generazione. Lo status socio-economico e il genere influenzano atteggiamenti di soddisfazione nei confronti della vita: gli adolescenti provenienti da famiglie più povere avevano una probabilità superiore di 10 punti percentuali di esprimere un livello di soddisfazione più basso, mentre le ragazze, in particolare le adolescenti tra 13 e 15 anni, avevano più probabilità rispetto ai ragazzi di finire in fondo a questa classifica.
Siamo comunque in “buona” compagnia: quanto a disuguaglianza di reddito, Giappone e Stati Uniti, due dei paesi più ricchi del mondo, sono nella penultima fascia della classifica. «In entrambi questi paesi, il reddito della famiglia di un bambino nel 10° percentile corrisponde approssimativamente al 40% di quello della famiglia di un bambino nella fascia centrale», dice l’Unicef.

Solo Spagna e Stati Uniti hanno fatto registrare miglioramenti in tutti e 4 gli indicatori rispetto al 2002, 4 paesi – Estonia, Irlanda, Lettonia e Polonia – hanno affrontato positivamente il problema dello scarso rendimento scolastico, riducendo il numero di bambini privi di competenze. Nel 70% dei paesi oggetto di indagine i bambini migranti riferiscono livelli più bassi di soddisfazione nei confronti della vita.

Il “Report Card 13” Unicef propone una ricetta per l’inclusione e chiede ai Governi di seguire le seguenti aree chiave di intervento per rafforzare il benessere dei bambini: salvaguardare il reddito delle famiglie più povere; migliorare l’istruzione per i minori più svantaggiati; promuovere e supportate stili di vita sani per tutti i bambini; attribuire seria considerazione al benessere dei minori; mettere l’equità al centro dell’agenda per il benessere dei bambini.

Sarah Cook, direttrice del Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef, conclude: «Il Report Card fornisce un messaggio chiaro: il benessere dei bambini in una società non è solo un risultato inevitabile di circostanze individuali o del livello di sviluppo economico ma è determinato da decisioni politiche precise». «La nostra comprensione dell’impatto a lungo termine della disuguaglianza sociale aumenta di pari passo con la necessità che i Governi diano priorità al miglioramento del benessere di tutti i bambini, affinché possano sviluppare il proprio pieno potenziale».

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