I bambini rifugiati bloccati in Grecia rimangono fuori dalla scuola in media per un anno e mezzo, rischiando di diventare un’intera generazione a cui è stato negato il diritto all’educazione, secondo un nuovo studio di Save the Children.

Mentre si apre oggi a Istanbul il primo World Humanitarian Summit, che dedicherà particolare attenzione all’educazione dei bambini rifugiati, lo studio appena pubblicato dall’Organizzazione ha rivelato che, sebbene più di tre quarti dei bambini rifugiati in età scolare intervistati in Grecia abbiano dichiarato che andare a scuola sia una delle loro priorità assolute, più di uno su cinque di loro non ha mai potuto neanche cominciare il proprio percorso educativo.

Lo studio ha evidenziato che i bambini siriani rifugiati sono rimasti esclusi dalla scuola per una media di 25,8 mesi, mentre i bambini rifugiati afgani hanno trascorso in media 10,7 mesi fuori dalle aule scolastiche.

 “Oggi la metà dei 7,3 milioni di bambini rifugiati nel mondo non ha accesso all’educazione e la comunità internazionale dovrà lottare per decenni per invertire gli effetti di questa mancanza di investimenti su questo settore. È per questo che chiediamo che nessun bambino rifugiato rimanga fuori da scuola per più di un mese”, dichiara Helle Thorning-Schmidt, Direttore Generale di Save the Children International.

“I bambini che hanno rischiato la vita per raggiungere l’Europa stanno sprecando i migliori anni della loro vita tra campi profughi e centri detentivi, bloccati dietro a confini chiusi da recinzioni e muri. Molti di loro non hanno vissuto altro che conflitti, violenze, migrazioni forzate e la terribile condizione in cui si trovano attualmente, che lascia loro poche speranze per il futuro”.

L’Inviato Speciale delle Nazioni Unite per l’educazione globale Gordon Brown, insieme a Save the Children, Unicef, il Ministero dell’Istruzione libanese e altre organizzazioni, presenteranno oggi il nuovo fondo Education Cannot Wait, dedicato a sostenere la scolarizzazione nei contesti di emergenza.

“Se i donatori impegnassero i fondi necessari, la speranza è che da ciò scaturiscano impegni a livello politico, operativo e finanziario, necessari per incrementare l’erogazione di servizi educativi in contesti di emergenza e di crisi prolungate, di cui c’è un disperato bisogno”, spiega Thorning-Schmidt.

“Crediamo che il fondo Education Cannot Wait possa costituire un catalizzatore per far sì che ogni bambino rifugiato abbia accesso all’educazione. L’acquisizione di questo diritto avrà un profondo impatto sulla vita di milioni di bambini, assicurando non solo il loro diritto all’educazione ma agendo come forza trasformativa sulle comunità e gettando le fondamenta per la pace e la prosperità”.

Se un minore rifugiato rimane sfollato per più di sei mesi, sarà condannato con ogni probabilità a rimanere in questa condizione per almeno tre anni, ma la media a livello globale ha ormai raggiunto i 17 anni: pressoché l’equivalente di un’intera infanzia.

“Visti i tempi lunghissimi in cui i bambini e le loro famiglie saranno costretti a vivere forzatamente da sfollati, è essenziale che abbiano accesso il prima possibile a servizi di base di qualità, compresa l’educazione”, dichiara Thorning-Schmidt.

“L’Unione Europea deve riconoscere l’educazione come un bisogno chiave per i bambini bloccati in Grecia e nei Balcani e fornire maggiore sostegno ai Governi, al fine di creare centri temporanei per l’apprendimento nei campi e soluzioni educative a lungo termine”.

Save the Children impartisce lezioni informali, tra cui classi di inglese e greco, nell’ambito degli Spazi a Misura di Bambino per i rifugiati che gestisce in Grecia. L’Organizzazione sta anche incrementando le sue attività educative in Grecia per fornire ai bambini rifugiati accesso all’educazione di base attraverso aule temporanee.

 

Una fotogallery dal campo di Idomeni in Grecia è disponibile al link: https://we.tl/2B8PGhF38F

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