Una vittoria della società civile e, soprattutto, delle popolazioni coinvolte in conflitti per le risorse minerarie, in Africa ma non solo. Questo rappresenta la votazione del Parlamento europeo del 20 maggio, che ha bocciato una normativa la quale avrebbe consentito la discrezionalità nelle procedure di controllo sulle provenienze di una serie di minerali (stagno, tantalio, tungsteno e oro) utilizzati dalle imprese del Vecchio continente, in particolare nella produzione di telefoni cellulari. Ha prevalso invece l'idea di una obbligatorietà dei controlli, anche se la vittoria definitiva si avrà solo con l'effettiva adozione di una normativa in questo senso, prevista per i prossimi mesi. (Scopri di più su: http://www.aggiornamentisociali.it/easyne2/LYT.aspx?Code=AGSO&IDLYT=769&ST=SQL&SQL=ID_Documento%3D12623)

Il risultato è stato ottenuto dopo una campagna di pressione promossa da oltre cento organizzazioni della società civile, tra cui alcune associazioni legate ai gesuiti (come la spagnola Alboan e l'italiana Magis) e diversi vescovi europei. Oltre a una raccolta firme che ha raccolto 10.500 adesioni, i promotori della campagna si sono appellati direttamente a una serie di parlamentari europei, informandoli e convincendoli dell'importanza dei valori in gioco (leggi la notizia precedente pubblicata sul nostro sito).

Se passerà , ora, le aziende della filiera (dalla miniera al consumatore finale) l’obbligo della certificazione di responsabilità per chi commercia 4 minerali “insanguinati”: stagno, tantalio, tungsteno (i 3T) e oro. Questo significa che le oltre 800mila imprese europee che li utilizzano per i loro prodotti dovranno applicare quello che l’Ocse chiama il “dovere di diligenza”, informando i consumatori sulle misure assunte per identificare, attenuare e denunciare i rischi incontrati nei loro percorsi commerciali. Lo scopo della normativa, oltre a creare un mercato europeo “pulito” e responsabile, è recidere il legame tra l’estrazione di quei minerali e il finanziamento dei conflitti armati.

L'estrazione e la commercializzazione dei minerali citati (a cui va aggiunto anche il coltan) sono alla base di una serie di gravi problemi: in modo diretto vanno a impattare sui diritti dei lavoratori coinvolti e sull'ambiente, in modo indiretto sono la prima causa di conflitti, come quello in Congo, che durano decenni e provocano centinaia di migliaia di vittime, nell'indifferenza generale. Indifferenza che, almeno per questa volta, è stata sconfitta.

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