Le diseguaglianze sono in larga misura il risultato delle scelte politiche: il fatto che in alcuni paesi ci siano più o meno diseguaglianze e opportunità, che in alcuni paesi aumenti mentre in altri no, non deriva dal fatto che i mercati o le leggi economiche funzionino diversamente ma dipende dalla cornice istituzionale e sociale esistente che consente di favorire o contrastare la diseguaglianza. Ogni decisione politica contribuisce a disegnare diversamente la distribuzione della ricchezza e delle opportunità. (Scopri di più su: http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1909)

Enrica Chiappero-Martinetti

Vi sono alcuni argomenti ricorrenti che vengono avanzati per legittimare e giustificare le diseguaglianze esistenti: tra questi vi è l’importanza del merito, da cui consegue che le diseguaglianze dovute al diverso impegno e talento degli individui sono del tutto accettabili. Come scrive Alberto Alesina in un editoriale sul Corriere della Sera del 19 giugno scorso: “Vorremmo forse, in nome della totale uguaglianza, eliminare i premi monetari a uno scienziato che fa un’importante scoperta? O quelli a un imprenditore che innova (…), o a un lavoratore che si impegna più dei suoi colleghi? Quando lo facciamo riduciamo la crescita, preferendo - pur di eliminare le disparità - impoverire la media delle persone”. Dunque, sarebbe quanto mai importante, soprattutto in fasi come queste, promuovere pratiche meritocratiche che favoriscano i talenti migliori, premiare e remunerare adeguatamente abilità e impegno, evitare politiche redistributive che potrebbero rischiare di penalizzarli. Non dovremo far altro, in fondo, che lasciare libero il mercato di remunerare impegno e talento come meritano incentivando così anche la crescita e lo sviluppo.

Difficile negare l’importanza del merito e la necessità di riconoscerlo e sostenerlo, in particolare in ambito educativo e professionale, nell’interesse del singolo soggetto e per la crescita delle nostre società. Allo stesso modo, non può che essere condivisa e sostenuta l’intenzione di premiare l’impegno, non solo remunerandolo adeguatamente ma anche riconoscendone il suo valore morale e sociale.

Vi sono, tuttavia, alcuni quesiti di fondo sull’effettiva capacità dei mercati (o, per meglio dire, di questi mercati) di riconoscere e di premiare il merito. E se non cerchiamo di dare prima risposta a questi quesiti, appare difficile giustificare e accettare le diseguaglianze esistenti in quanto esito (legittimo) di un diverso impegno profuso dalle persone o del loro diverso talento.

Dobbiamo riconoscere che la possibilità effettiva di esprimere il proprio talento e il proprio impegno non è distribuita equamente tra tutti. Se non c’è eguaglianza di opportunità nell’accesso ai massimi livelli di istruzione e l’investimento in capitale umano di qualità non è sempre l’esito di una libera scelta ma dipende dalle circostanze individuali e familiari, come si creano le condizioni affinché merito e talento emergano? Possiamo davvero affermare che le persistenti diseguaglianze di remunerazione tra donne e uomini sul mercato del lavoro, a parità di istruzione, sono l’esito di un impegno inferiore, di un minor merito o di scarse abilità da parte delle donne? Se non c’è mobilità sociale tra individui e tra generazioni, come possono i giovani che provengono da famiglie meno favorite contribuire adeguatamente alla crescita? Quanto talento inespresso e quanto impegno non premiato è presente nelle nostre società? Esiste davvero un divario così grande di merito e di impegno che possa giustificare l’enorme disparità nei guadagni tra, ad esempio, un giovane brillante ricercatore precario e le cosiddette superstar (calciatori o super manager)? Come si chiede Stiglitz, in alcuni suoi lavori recenti, perché se guardiamo all’apice della scala della ricchezza, tra l’1% dei più ricchi, non troviamo chi ha scoperto il DNA o il laser o altre innovazioni fondamentali per il progresso umano ma gli speculatori finanziari che hanno realizzato la loro ricchezza manipolando i mercati?

Ma il (mal)funzionamento dei mercati non è l’unica spiegazione possibile alla diseguaglianza. Nel corso dell’ultimo anno, grazie anche all’importante contributo di Piketty con il suo celebre e celebrato libro su Il capitalismo nel XXI secolo, il dibattito sulla diseguaglianza ha occupato un certo spazio anche all’interno dei media. Accanto a questa, altre voci autorevoli si esprimono da tempo sulle cause, le conseguenze e la legittimità sociale della diseguaglianza. Due altri autori che hanno contribuito in maniera importante a questo dibattito sono certamente Amartya Sen (in particolare in uno dei suoi contributi più recenti dal titolo L’idea di giustizia) e Joseph Stiglitz (in ultimo con il suo libro Il prezzo della diseguaglianza). I due autori muovono da premesse e finalità diverse: il primo si interroga sulla complessità filosofica di formulare un’idea di giustizia universalmente condivisa ma anche sulla necessità e l’urgenza di affrontare le tante e troppe ingiustizie che sono di fronte ai nostri occhi, a partire da quelle più gravi, che offendono la dignità umana e toccano a fondo la nostra coscienza. Il secondo analizza fatti, dinamiche e politiche recenti nella vita economica degli Stati Uniti, guardando al prezzo che gli individui e il paese nel suo complesso stanno pagando a causa della crescente diseguaglianza registrata negli ultimi anni. Entrambi analizzano il nesso, sempre più evidente, tra diseguaglianza economica e diseguaglianza politica e le conseguenze che questo legame può produrre sul tessuto sociale, sulla coesione politica e sociale e, in ultima analisi sulla democrazia stessa. Entrambi, riconoscono però un ruolo centrale alla Politica oltre che alle politiche.

Le diseguaglianze sono in larga misura il risultato della Politica e delle politiche: il fatto che in alcuni paesi ci siano più o meno diseguaglianze, più o meno opportunità, che in alcuni paesi aumenti (in particolare in molti paesi industrializzati, inclusi quelli tradizionalmente più egualitari, come la Svezia, oltre che nei paesi emergenti) mentre in altri no (o comunque meno) non deriva dal fatto che i mercati o le leggi economiche funzionino diversamente ma dipende dalla cornice istituzionale, legale e sociale esistente che contribuisce a favorire o a contrastare la diseguaglianza. In particolare: come è strutturato il sistema educativo e come (oltre a quanto) è finanziato; come funziona il sistema bancario e finanziario; come funzionano le leggi antitrust; come sono disegnate le politiche sociali e in che misura sono efficaci o provocano distorsioni. Ogni decisione e azione politica in queste, come in molte altre sfere, contribuisce a disegnare diversamente la distribuzione dei redditi, della ricchezza e delle opportunità.

Se i fattori che generano e rafforzano le diseguaglianza sono da ricercarsi tanto nel funzionamento dei mercati quanto nel funzionamento della Politica e delle politiche, dobbiamo porci qualche interrogativo come economisti e come cittadini.

Come economisti dovremo forse alzare più spesso lo sguardo dalle astrazioni dei nostri modelli e chiederci in quale misura questi modelli si adattino o siano utili a comprendere la realtà. Pur riconoscendo l’importanza e le potenzialità del mercato, dobbiamo accettare il fatto che i meccanismi che governano oggi i mercati reali sono assai lontani dalle ipotesi su come dovrebbero funzionare idealmente i mercati. Difendere merito e impegno in un contesto in cui le regole del gioco non permettono di esprimerlo in egual misura e sotto eguali condizioni non può produrre esiti equi (non eguali) e dunque non possiamo usare l’argomento del merito per legittimare la diseguaglianza.

Come cittadini dovremo chiederci più spesso in che modo e in che misura il tema delle diseguaglianze è presente, se è presente, nelle diverse proposte politiche che si confrontano, nelle istituzioni che ci governano, nelle diverse sfere in cui le azioni politiche prendono forma e sostanza. Dovremmo chiederci quale valore e quali valori sono alla base del progetto politico che guida la classe dirigente di un Paese, quale la qualità del dibattito politico, in quale spazio si sviluppa questo dibattito e quale attenzione riceve all’interno del paese.

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