Con il Decreto n. 343 del 3 agosto 2016 il Ministro dell’Economia e Finanze, quale Presidente del CICR, ha emanato le norme di attuazione dell’art. 17 bis del DL 14 febbraio 2016, n. 18 (riportato in chiusura), che ha modificato il divieto di applicazione di anatocismo nei rapporti di conto corrente (e carte di pagamento), già previsto a suo tempo nella Legge di Stabilità del 2014. (Scopri di più su: http://blog.confinionline.it/2016/09/27/anatocismo-bancario-finalmente-un-punto-fermo-posto-quasi/)

Un po’ di storia.

Fino al 2000 l’anatocismo (cioè l’uso di conteggiare interessi sugli interessi già maturati in un rapporto di conto corrente) era praticato da tutte le banche: in genere gli interessi a debito erano conteggiati trimestralmente, diventando quindi capitale, su cui nei trimestri successivi si conteggiavano ulteriori interessi; gli interessi a credito del cliente invece erano per lo più conteggiati e versati con cadenza annuale.

Nel 1999 la Corte di Cassazione stabilì che questa pratica era illegittima: pertanto gli interessi così maturati dovevano tutti essere restituiti ai debitori, cosa che finora hanno ottenuto solo i clienti che hanno citato in giudizio la banca.

Nel 2000 si pervenne a una soluzione che prevedeva che gli interessi attivi e passivi, se conteggiati con la medesima periodicità, erano comunque legittimi. Pertanto, a partire dal 1° luglio 2000, l’anatocismo ritrovava piena legittimità.

Con la Legge di Stabilità del 2014 venne stabilito il divieto di applicazione dell’anatocismo, rinviando, per gli aspetti applicativi, ad una delibera del CICR.

Che non è mai stata emanata, anche perchè il procedimento di “pubblica consultazione”, propedeutico a tale delibera avviato dalla Banca d’Italia, si era concluso con un nulla di fatto per le molte contestazioni avanzate dalle associazioni rappresentative dell’economia reale e dei consumatori.

A questo punto è dovuta intervenire la magistratura con la solita opera di supplenza nei confronti delle Pubblica Amministrazione, su richiesta ovviamente di alcune parti interessate, stabilendo in molti casi (si badi bene: non tutti!) che, anche in assenza della delibera, il divieto di applicazione dell’anatocistismo era comunque operante e nulla quindi doveva essere addebitato al cliente; in molti casi è stato anche imposto alle banche di pubblicare tale notizia sui propri siti.


E adesso?

Adesso abbiamo una norma che mette fine a questo periodo di incertezza.

Vediamo gli aspetti salienti:
  • gli interessi vanno calcolati una volta all’anno, precisamente il 31 dicembre;
  • i debitori hanno tempo due mesi per pagare gli interessi, nelle forme che preferiscono (anche con l’addebito nel conto corrente);
  • in mancanza di iniziativa da parte dei debitori, detti interessi diventano esigibili a partire dal 1° marzo dell’anno successivo, e diventano a questo punto capitale su cui possono essere legittimamente calcolati gli interessi, quindi l’anatocismo è di nuovo vigente nel nostro ordinamento.
La soluzione adottata è ragionevole dal punto di vista della operatività: nella formulazione precedente restava sempre in sospeso il dubbio su come e quando la banca potesse esigere il pagamento degli interessi maturati; ora viene posto un termine preciso e ammessa anche la preventiva autorizzazione dell’addebito in conto.


Tutto a posto allora?
  1. La norma prevede espressamente che gli interessi maturati producano efficacemente interessi di mora. Questa è una grossa novità, perchè il concetto di mora si applicava finora ai soli rapporti di credito aventi delle scadenze precise (ad esempio le rate dei mutui). Adesso viene applicato anche ai rapporti creditizi senza scadenza, come i conti correnti. Non è una innovazione di poco conto, perchè tramite l’eventuale applicazione di tassi di mora elevati le banche potrebbero recuperare quel poco che vengono a perdere per il mancato anatocismo. Vi sono anche possibili implicazioni circa il rispetto o il superamento del tasso massimo previsto dalla L. 108/1996 in tema di lotta contro l’usura, ma l’argomento meriterebbe una riflessione a sé stante.
  2. Il decreto inoltre prevede che le nuove norme si applichino a partire dal 1° ottobre: dunque solo gli interessi calcolati a partire da questa data non faranno più parte del capitale e non produrranno interessi anatocistici. Con buona pace di quanto i clienti delle banche hanno già pagato nel 2014 e nel 2015. Ci ritroviamo dunque nella situazione in cui un decreto ministeriale modifica di fatto una legge del Parlamento, offrendo il fianco a possibili contestazioni. Non si comprende perchè sia stata inserita questa data di decorrenza della norma, che nella legge di stabilità 2016 non era prevista.
  3. Quale è il maggiore aspetto negativo? Viene posto a carico dei debitori un problema gestionale di non poco conto: infatti non solo i privati hanno delle obiettive difficoltà di calcolare mese per mese o trimestre per trimestre la maturazione progressiva del debito, ma anche la quasi totalità delle imprese non ha sistemi contabili in grado di farlo; e per farlo dovrebbe comunque provvedere all’inserimento dei dati (importo, valuta, tasso di interesse, etc) in un gestionale, incombenza che finora era invece assolta dalle banche, tramite l’elaborazione dell’estratto conto scalare: le imprese più attente provvedevano al controllo di questi dati, magari a campione, ma certo non li elaboravano autonomamente.
C’è quindi da aspettarsi che nella maggior parte dei casi a fine anno, in un periodo in cui vi è già una elevata tensione di liquidità (pagamento delle tredicesime, imposte varie, etc.) arrivi sul più bello il conteggio di quanto dovuto alla propria banca per tutto il fido utilizzato nel corso dell’anno. Con ulteriore tensione sui conti e rischio di andare fuori fido nelle segnalazioni alla Centrale dei Rischi.

Analogo discorso vale per i privati, visto che la norma si applica anche alle carte di credito e ai finanziamenti: e la fine d’anno non è il momento migliore per correre il rischio di andare in rosso, guastandosi le feste appena finite.


Che cosa avverrà?

Le banche possono modificare i contratti senza bisogno di acquisire il consenso scritto nella parte che riguarda il mero adeguamento alle norme di legge, cioè la diversa periodicità di calcolo e la scadenza del 1° marzo per il pagamento degli interessi maturati. Devono acquisire il consenso scritto per l’imputazione al pagamento degli interessi (anziché al ripristino delle disponibilità) di quanto affluisca sul conto dopo che gli interessi stessi sono diventati esigibili.

Nulla viene invece detto circa la applicabilità degli interessi di mora anche in assenza di sottoscrizione del cliente, chiarezza che sarebbe stata auspicabile.


Cosa cambia, in soldoni…

Confrontiamo il costo di un’apertura di credito, con tasso al 9%, e di una carta di credito con tasso al 15% (i tassi sono rilevati dalle statistiche di Banca di Italia relative al TAEG medio), nelle due ipotesi di addebito e capitalizzazione trimestrale degli interessi e di addebito e capitalizzazione annuale.
  1. Nel primo caso abbiamo una maggiorazione di fatto dell’interesse a debito pari a quasi 2 punti percentuali.
  2. Nel secondo la maggiorazione raggiunge i 6,4 punti percentuali.
Indubbiamente la capitalizzazione annua è più conveniente per il cliente. L’effetto positivo per il cliente ovviamente aumenta con il passare degli anni.


Art. 17 bis del D.L. 14 febbraio 2016, n. 18

Modifiche all’articolo 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, relativo alla decorrenza delle valute e al calcolo degli interessi.

1. Al comma 2 dell’articolo 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n.385, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;

b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purche’ prima che l’addebito abbia avuto luogo.

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