ROMA - L'ultimo episodio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dopo l'ennesimo no ad una bambina down, fermata ai piedi della Motorotaia panoramica all'interno del parco dei divertimenti di Gardaland, è guerra aperta fra la direzione del parco e il Coordown, il Coordinamento che raggruppa le principali associazioni che tutelano le persone con sindrome di Down e i loro familiari. "Iniziative legali a tutti i livelli, compresa la possibilità di una class action" sono state annunciate dal Coordown per contrastare le "gravi discriminazioni ai danni delle persone con sindrome di Down alle quali è sistematicamente vietato l'accesso a numerose attrazioni dagli addetti alla sicurezza del parco": una non idoneità che da parte degli addetti verrebbe "stabilita esclusivamente in virtù dei tratti somatici".

Lo scatto in avanti di fatto segna l'interruzione delle trattative avviate nei mesi scorsi con il direttore generale di Gardaland "per valutare una possibile soluzione che da una parte salvaguardasse la sicurezza del parco e dall'altra rispettasse la dignità di tante persone che si recano al parco divertimenti per una giornata di svago". Per arrivare ad una soluzione condivisa, Coordown in un incontro del 25 maggio aveva avanzato alcune proposte concrete che la direzione del parco si era riservata di valutare nello spazio di una decina di giorni. Ma tre mesi dopo - denuncia il Coordinamento - non è arrivata alcuna risposta definitiva con il risultato che "a Gardaland avviene sistematicamente una irragionevole  discriminazione incompatibile con una società civile ed evoluta". Il Coordown fa notare che in altri parchi in Italia e nel mondo (è il caso dell'altro grande parco divertimenti del nord Italia, Mirabilandia) i responsabili "si limitano a sconsigliare e non a proibire alcune attrazioni cosiddette adrenaliniche" presenti anche a Gardaland. In quei parchi, però, "non avvengono episodi simili di discriminazione".

"Ribadiamo con forza - afferma una nota - il diritto di tutti a vivere in una società dove i servizi aperti al pubblico non devono chiudere l'accesso a una persona, basandosi esclusivamente sui tratti somatici e deducendone erroneamente l'idoneità a usufruire o meno di una attrazione: questo divieto è frutto di una generalizzazione irrispettosa dell'individualità delle persone e delle loro singole capacità e possibilità". Il Coordown ricorda che nella sindrome di Down le singole capacità della persona possono variare sensibilmente da soggetto a soggetto e che né il ritardo mentale, né il rischio cardiologico, né il deficit motorio (motivazioni addotte dal parco) possono risultare appropriati per impedire l'accesso delle attrazioni alle persone down in quanto tali. In esse infatti il ritardo mentale è variabile, spesso sovrapponibile a quello di persone che non hanno evidenza fisica del ritardo e alle quali non è negato l'accesso al parco. Anche il rischio cardiologico è variabile e in alcune persone down assolutamente inesistente, mentre il paragone con persone in carrozzina o con arti ingessati è inappropriato, non discendendo dalla sindrome di down alcun deficit motorio. "La conclusione evidente è che a Gardaland le persone con sindrome di Down sono, di fatto, discriminate unicamente sulla base dei loro tratti somatici, il che, pur volendo credere alla buona fede di Gardaland, ci pare inaccettabile e in contrasto con la legge n. 67/06, art. 2 e con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia nel 2009". (ska)

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