Nei giorni scorsi, con voto quasi interamente bipartisan (479 voti a favore, 19 contrari e un'astensione), la Camera ha dato il via libera alla conversione in legge del decreto del Governo che proroga di altri sei mesi, fino al prossimo 30 giugno, le missioni italiane all'estero. A votare contro, sono stati solo i deputati dipietristi. L'esame del decreto passa ora al Senato per la conversione definitiva in legge. Lo stanziamento previsto da Montecitorio a copertura della proroga delle missioni all'estero è di754 milioni e mezzo di euro: oltre la metà è destinato alla missione in Afghanistan.

In una nota indirizzata ai Parlamentari (in .pdf) in occasione dell'esame del Decreto Legge sulle Missioni internazionali (DL 228/2010), INTERSOS pone alcune domande sul senso della missione militare in Afghanistan. "Esistono ancora le ragioni perché l'Italia rimanga a combattere in Afghanistan?"

Esaminando il DL, Nino Sergi, presidente dell'organizzazione umanitaria, lancia l'allarme sullo svuotamento della cooperazione civile rispetto alla costante crescita degli stanziamenti per gli interventi militari. "Nonostante che il titolo del DL metta in evidenza innanzitutto gli «interventi di cooperazione allo sviluppo» e solo in seconda posizione le «missioni internazionali delle forze armate e di polizia», ai primi vengono destinati solo il 3,6% dei 754 milioni stanziati per il primo semestre 2011: cioè 27 milioni, da suddividere tra Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia, Myanmar".

Continuando nell'analisi del DL, INTERSOS sottolinea che dal 2008 i fondi destinati alle attività di cooperazione allo sviluppo sono diminuiti del 42%, rispetto all'aumento dei fondi del DL (+50%) da 1 a 1,5 miliardi. Se nel 2008 era fissato un 9,4% del DL per le iniziative di cooperazione, nel 2009 è sceso al 6,1%, nel 2010 al 4,7% ed ora al 3,6%. "C'è da sottolineare anche che, con il quasi azzeramento dei fondi previsti dalla Finanziaria per la cooperazione allo sviluppo (0,13% del PIL), per alcune aree rimangono ormai solamente questi pochi fondi stanziati con il Decreto Missioni Internazionali. L'Afghanistan subisce così una riduzione che impedisce di pensare ad iniziative efficaci e durevoli a favore della popolazione". Per INTERSOS,"lo strumento militare sta diventando l'unico strumento di intervento; i bisogni della popolazione interessano sempre meno o solo in modo strumentale alla buona riuscita dell'intervento militare".

Allargando lo sguardo alle varie crisi internazionali degli ultimi decenni, il presidente di INTERSOS evidenzia come la scelta militare sia stata quasi sempre il risultato della sconfitta della politica. diventando così "l'alibi, la facile scorciatoia, la facciata dietro a cui nascondere l'incapacità e l'impotenza politiche, sia all'inizio che nel perdurare di alcune crisi. In questa prospettiva, - conclude Sergi - , i militari meritano considerazione e rispetto: per senso dello Stato acconsentono a coprire l'inadeguatezza e le carenze della politica, coscienti di ciò e accettandolo, in ogni caso, come dovere".

Nei giorni scorsi, a fronte delle tensioni popolari che stanno crescendo in diversi paesi del nord Africa (Tunisia e Algeria), Medio Oriente (Egitto e Libano) e nella stessa Europa (Albania), la Tavola della pace ha diffuso un comunicato invitando tutti a sventolare la propria indignazione. "Oltre il mondo di Arcore e di Ruby c'è un mondo che brucia e il Parlamento che fa? Vota per l'ennesima volta, quasi all'unanimità, il rifinanziamento della guerra in Afghanistan. Oltre 350 milioni di euro per altri sei mesi di guerra. Soldi, altri soldi, solo soldi. Non una parola, un dibattito, un cenno di ripensamento, un'iniziativa politico-diplomatica. Solo soldi, che per la guerra si trovano sempre. Scuola, università, giovani, povertà e lavoro continueranno a fare con quel poco che resta. Intanto la TV balla sempre di più al ritmo del bunga bunga. Come si fa a restare in silenzio?" - denuncia la Tavola della pace.

Richiamando l'iniziativa lanciata all'inizio dell'anno in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, la Tavola della pace rinnova l'invito ad appendere alla propria finestrala bandiera della pace. "L'Italia, che compie 150 anni, deve ripudiare la guerra e impegnarsi seriamente a costruire la pace e la giustizia, lottare contro la povertà, tagliare le spese militari, investire sull'educazione, rispettare i diritti umani e prendersi cura della Terra".

Anche durante la conferenza stampa di presentazione della seconda edizione de "L'Atlante delle guerre e dei conflitti", il coordinatore della Tavola della pace, Flavio Lotti ha rilanciato la campagna nazionale "L'Italia ripudia la guerra". "Delle guerre parliamo solo quando muore un soldato italiano in Afghanistan - ha detto Lotti - o solo di quelle in cui siamo coinvolti o sono in gioco i nostri interessi. Cosa sanno gli italiani delle guerre? Poco o nulla. E quel poco che sappiamo spesso è deformato da una massiccia serie di filtri e specchi che alterano la realtà. Eppure le guerre ci sono e ci coinvolgono pesantemente. E noi non possiamo permetterci di non sapere".

A cinquant'anni dalla prima marcia Perugia-Assisi indetta da Aldo Capitini, la Tavola della pace chiede che sulla guerra si faccia più luce, che l'orrore sia riferito nei dettagli, che le reali motivazioni non siano nascoste dai mass-media. "Non si deve essere pacifisti per riconoscere che in Afghanistan c'è una guerra e l'Italia ne prende parte" - ha concluso Lotti ricordando che l'articolo 11 troppo spesso viene ignorato. "L'Italia spende 23,5 miliardi in spese militari e questo è insopportabile a fronte dei tagli all'Università, alla ricerca, al sostegno alle famiglie e ai giovani e per l'ambiente". [GB]

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