Lo denuncia Amnesty International in un rapporto di 71 pagine intitolato "Abbiamo l'ordine di distruggervi", reso pubblico oggi, nel quale l'organizzazione per i diritti umani descrive come, a partire dalle proteste convocate nel febbraio 2011 dai due leader dell'opposizione, Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi, le autorità iraniane abbiano inasprito la repressione contro il dissenso, fino ad arrivare all'ondata di arresti degli ultimi mesi.
 
Il tutto, sottolinea Amnesty International, mentre il governo iraniano continuava a sostenere a parole le proteste in Medio Oriente e Africa del Nord.
 
"Nell'Iran di oggi, chiunque è a rischio se fa qualsiasi cosa che possa situarsi al di fuori dei ristretti confini di ciò che le autorità considerano accettabile dal punto di vista sociale o politico" - ha dichiarato Ann Harrison, direttrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "Formare un gruppo sui social media, costituire un'organizzazione non governativa o aderirvi, esprimere opposizione rispetto allo status quo può portare in prigione".
 
Secondo il rapporto di Amnesty International, negli ultimi mesi un'ondata di arresti ha colpito avvocati, studenti, giornalisti, attivisti politici e i loro parenti, esponenti di minoranze etniche e religiose, autori cinematografici e persone che hanno contatti all'esterno del paese, specialmente con la stampa estera.
 
I leader dell'opposizione Mousavi e Karroubi, sconfitti alle elezioni presidenziali del 2009, sono di fatto agli arresti domiciliari dal febbraio 2011. La moglie di Karroubi è stata rilasciata nel luglio scorso mentre Zahra Rahnavard, moglie di Mousavi, si trova agli arresti domiciliari insieme al marito.
 
Alla vigilia delle elezioni parlamentari del 2 marzo, la situazione è peggiorata.
 
Il giro di vite ha colpito i media elettronici che le autorità considerano una grande minaccia.  A gennaio, un alto funzionario di polizia ha dichiarato che Google non era un motore di ricerca bensì "uno strumento per lo spionaggio". Nel corso dello stesso mese, la Ciberpolizia (una squadra di recente istituzione) ha ordinato a tutti i proprietari di internet café di installare telecamere a circuito chiuso e di registrare l'identità di tutti gli utenti prima di farli accedere a una postazione.

Questo mese, il blogger Mehdi Khazali, arrestato a gennaio, è stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere, seguiti da 10 anni di "esilio interno", nonché a una multa per una serie di accuse che dovrebbero comprendere la "diffusione propaganda contro il sistema", la "riunione e collusione contro la sicurezza nazionale" e gli "insulti a pubblici ufficiali". Non è chiaro se dovrà scontare in carcere il periodo di "esilio interno".
 
Khazali era stato già arrestato e incriminato nel 2011 e poi rilasciato su cauzione. Si trova nella prigione di Evin, a Teheran, dove ha intrapreso da 40 giorni uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione. Amnesty International teme per la sua salute.

Amnesty International ha registrato un aumento delle intimidazioni, degli arresti e delle condanne anche nei confronti dei difensori dei diritti umani, tra cui le attiviste per i diritti delle donne. Diverse sedi di organizzazioni non governative sono state chiuse. 
 
Abdolfattah Soltani, fondatore del Centro per i difensori dei diritti umani, è stato arrestato nel settembre 2011. È detenuto nel carcere di Evin, in attesa del processo per vari capi d'accusa, tra cui aver accettato un premio internazionale sui diritti umani. Rischia una condanna a 20 anni di carcere.
 
La pressione sulle voci  indipendenti si è estesa anche a coloro che vivono fuori dall'Iran.
 
Nel corso del mese di febbraio, la Bbc ha denunciato che familiari dei giornalisti del servizio in lingua persiana sono stati sottoposti a intimidazioni: uno di loro è stato arrestato e tenuto in confino solitario, ad altri è stato sequestrato il passaporto.
 
Secondo Amnesty International, l'attacco contro il dissenso si colloca nel contesto del peggioramento complessivo della situazione dei diritti umani in Iran.
 
Nel 2011 è aumentato di quattro volte, rispetto all'anno precedente, il numero delle esecuzioni pubbliche, una pratica usata dalle autorità per instillare paura nella società. L'anno scorso sono state eseguite centinaia di condanne a morte, la maggior parte delle quali per reati di droga. L'Iran continua a mettere a morte minorenni al momento del reato, prassi rigorosamente vietata dal diritto internazionale.
 
Amnesty International ha chiesto alla comunità internazionale di non fare in modo che le tensioni sul programma nucleare iraniano o gli avvenimenti che hanno luogo nella regione mediorientale allentino la pressione sull'Iran affinché rispetti i suoi impegni internazionali in materia di diritti umani.
 
In particolare, l'organizzazione ha sollecitato il Consiglio Onu dei diritti umani a rinnovare il mandato del Relatore speciale sull'Iran, in scadenza a marzo.
 
"Per le iraniane e gli iraniani che affrontano questo livello di repressione, può essere sconfortante vedere che la discussione sul loro paese nei circoli diplomatici si concentra principalmente sui diritti umani, a scapito dei diritti umani. I paesi che hanno rapporti con governo iraniano non possono venir meno alle loro responsabilità nei confronti del coraggio dei difensori dei diritti umani, dei sindacalisti, delle minoranze e dei giornalisti" - ha concluso Harrison.

 

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