Debora Billi
Il fotovoltaico diffuso fa troppa concorrenza ai grandi produttori di energia internazionali. Che quindi si avviano a dichiarare guerra. Ce lo toglieranno infine?
Quando vedo nella religione dei "mercati" l'origine dei nostri mali, qualcuno mi accusa di essere talebana. Eppure, là dove regnano incontrastati i "mercati" si producono le peggiori storture e assurdità.
L'ultima mi tocca scoprirla su Quotidiano Energia, che leggo spesso e con interesse. Nell'Analisi Settimanale, che potete leggere qui in pdf, si parla di mercato elettrico e rinnovabili. Che la vicenda si stesse ingrossando era stato notato anche qui su Petrolio, il giorno che l'energia costava zero, osservando anche che non cederanno senza combattere.
E infatti, ecco qua. Si sta seriamente pensando di porre un freno al  diffondersi delle rinnovabili e del fotovoltaico perché, a conti fatti, i  produttori tradizionali non guadagnano più come prima. Con buona page  delle "leggi del mercato", che appunto proprio non esistono in natura.  Alcuni estratti del documento:
La prepotente irruzione sulla scena  del fotovoltaico, emotivamente incentivato oltre misura in tutt'Europa,  ha mandato a carte quarantotto i canoni classici di definizione dei  prezzi, spostando in ore vuote il recupero dei costi fissi non più  ottenibile in ore piene (per l'insostenibile concorrenza della  produzione da fotovoltaico collocato a prezzo zero).
Notare parolette: emotivamente incentivato e insostenibile concorrenza.
Diventa sempre più difficile per i produttori quadrare i conti e da qui 
 nasce, in tutt'Europa, la spinta ad ottenere attraverso il capacity payment 
 una sorta di indennizzo per i guasti creati dall'incontrollata crescita del 
 fotovoltaico.
Notare parolette: indennizzo e guasti creati.
Insomma,  per chi non avesse capito, se sul mercato arriva un prodotto nuovo e  migliore ciò si traduce in un "guasto" che va addirittura "indennizzato", perché la concorrenza è ovviamente insostenibile per chi prima si arricchiva. Ma  non si chiamava "liberismo"?
Il problema è che la produzione di  energia rinnovabile non è di nessuno, o meglio, é di tanti ed è  frammentata. Non è nelle solite 4 mani europee che fanno il bello e il  cattivo tempo con la produzione elettrica in tutti i Paesi. Ciò è male,  ciò è un guasto che va raddrizzato, ciò è contrario alla libertà di impresa.
E infatti l'Europa, sempre prontissima a raccogliere certe grida di disperazione, pensa subito di dirottare ben 80 miliardi di finanziamenti dalle rinnovabili al gas. Sarà anche questo un incentivo emotivo.