Usa 2012. Per Obama "the best is yet to come", il meglio deve ancora venire: il grande sospiro di sollievo alla fine della estenuante campagna elettorale rilancia la speranza con cui aveva soggiogato 4 anni fa America e mondo. Ma, sebbene i numeri della crisi siano un po' meno drammatici, il 31 dicembre prossimo scadrà l'"ultimatum" imposto dalla cruda legge dei bilanci, il fiscal cliff (precipizio fiscale) è dietro l'angolo e lo spettro della bancarotta finanziaria della prima potenza mondiale pone la più grande ipoteca sul cammino del nuovo presidente. L'accusa più grande a Obama era (ma resta il problema) di aver consentito al debito di raggiungere l'astronomica cifra di un trilione di dollari, mille miliardi di dollari.

Per scongiurare il defualt, a gennaio scatteranno, automatici, in assenza di un nuovo accordo fra Casa Bianca e Congresso, tagli dolorosissimi che valgono 600 miliardi di dollari. E' il prezzo del fiscal cliff, appunto, l'accordo/tagliola seguito all'impasse di una politica divisa, mai come oggi polarizzata. 600 miliardi di dollari tondi che, senza una nuova intesa preliminare, infliggeranno al paese tagli alla spesa pubblica e nuove tasse. Cioè, verranno colpiti migliaia di programmi dal Medicare ai finanziamenti per il Pentagono. Insieme all'aumento delle tasse, come quelle per finanziare la riforma sanitaria, il risultato sarebbe ancora e sempre "recessione" (lo dicono  Federal Reserve e il Congressional Budget Office). Una tagliola, insomma quella del Budget Control 2011, massima intesa possibile dopo il fallimento obamiano di ricondurre a unità le due metà politiche belligeranti dei rossi (republicans) e dei blu (democrat).

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