“Ci aspettiamo, caro presidente Monti, che già nella prossima riunione del 
Consiglio dei ministri il Governo dimostri di essere coerente e 
conseguente, con 
le norme da lui stesso volute, e approvi al più presto il Decreto 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri che deve mettere in 
liquidazione la concessionaria pubblica Stretto di Messina SpA, ponendo 
fine alla vicenda del ponte sullo Stretto di Messina che da 42 anni sta 
bloccando lo sviluppo del Sud tenendo congelati 8,5 miliardi di 
euro che potrebbero essere destinati allo sviluppo del Mezzogiorno, 
dopo aver speso 300 milioni di euro in inutili progettazioni”, questo si legge 
nella Lettera Aperta resa pubblica oggi dalle associazioni ambientaliste 
FAI, Italia Nostra Legambiente, MAN e WWF.  
 
“Lo Stato non può rimanere 
inerte di 
fronte all’offensiva in atto da parte di Eurolink SpA, il General 
Contractor, capeggiato da Impregilo, a cui era stata affidata la progettazione definitiva 
ed esecutiva del ponte e la sua realizzazione. – viene sottolineato nella 
Lettera Aperta - E’ lo stesso General Contractor Eurolink ad aver 
chiarito già a partire dal novembre 2012 con la comunicazione di recesso 
dal contratto firmato nel 2005 con Stretto di Messina SpA e con 
la mancata sottoscrizione l’1 marzo 2013  dell’accordo aggiuntivo che 
di fatto la vicenda del ponte è finita, e quindi il 
Governo, in difesa dell’interesse pubblico, come stabilisce la legge n. 
221/2012 (conversione del decreto legge n. 179/2012 cosiddetto decreto 
sviluppo –bis),  deve compiere tutti i passaggi conseguenti 
alla caducazione - ovvero all’annullamento per scadenza dei termini - di 
tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché le convenzioni ed 
ogni altro rapporto contrattuale.”
 
“D’altra parte è cosa nota da 
tempo – rilevano le associazioni ambientaliste - che si trattava di un 
progetto insostenibile dal punto di vista economico-finanziario, tecnico e 
ambientale: un ponte sospeso, ad unica campata di 3,3 km di 
lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, che serva a 
far passare sia le auto che i treni (quando il ponte con analoghe 
caratteristiche più lungo al mondo, il Minami Bisan-Seto in Giappone, raggiunge 
a malapena i 1.100 metri di lunghezza!), che avrebbe dovuto essere 
costruito in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo e di 
maggior pregio naturalistico e paesaggistico d’Europa.”
 
“Un’opera dal costo di 
8,5 miliardi di euro priva di un Piano Economico 
Finanziario. – si rileva nella Lettera Aperta -  Le previsioni degli 
stessi progettisti, basate sulle stime e gli scenari intermedi del progetto 
preliminare, valutavano che un incremento di costo del progetto 
nell’ordine del 15% avrebbe determinato un Valore Attuale Netto negativo, 
figuriamoci un incremento di costo del 39% rispetto all’importo lordo! 
Inoltre, le stesse previsioni valutano, a regime, un utilizzo del ponte 
che si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva (11,6 
milioni di auto l’anno, a fronte di una capacità complessiva teorica dell’opera 
di 105 milioni di auto l’anno nelle due direzioni), configurando un 
evidente, colossale spreco di risorse.”
 
“Gli 8,5 miliardi di euro 
finora destinati al ponte potrebbero essere meglio utilizzati – concludono le 
associazioni ambientaliste - per risanare il territorio e 
intervenire sul dissesto idrogeologico particolarmente grave 
nel messinese e sulla costa tirrenica calabrese, per raddoppiare le 
linee ferroviarie che collegano Messina a Palermo e Catania, potenziare 
la linea tirrenica ferroviaria tra Battipaglia e Reggio 
Calabria e la linea ferroviaria jonica che collega Reggio 
Calabria a Taranto, adeguare la linea ferroviaria esistente tra 
Napoli e Bari, intervenire sul sistema dei porti tra Gioia 
Tauro, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Messina, garantire un 
sistema di traghettamento veloce e frequente per l’Area dello 
Stretto e finire i lavori  dell’A3 Salerno-Reggio 
Calabria e della SS106 Ionica.”