“Mio fratello è morto di ingiustizia”, questo il grido di dolore con cui 
Ilaria, la sorella di Stefano Cucchi, ha accolto la sentenza di primo grado che 
derubrica a episodio di malasanità la tragica fine del fratello. Si chiude così, 
con l’assoluzione di infermieri e agenti e la condanna dei medici dell’ospedale 
Pertini per omicidio colposo un processo durato tre anni e che per la famiglia 
Cucchi ha rappresentato un vero calvario. Sul banco degli imputati 
paradossalmente si è trovato troppo spesso Stefano, la vittima, ‘colpevole’ di 
un passato di tossicodipendenze, che ne avrebbe determinato le precarie 
condizioni di salute. Quelle terribili foto scattate subito dopo la morte, quel 
corpo pieno di ecchimosi e lividi, ridotto a uno scheletro, per i giudici della 
terza Corte d’Assise di Roma testimonierebbero solo l’incuria di qualche 
medico.
Una ricostruzione inaccettabile, che non fornisce nessuna spiegazione sulla 
realtà di un giovane trentenne che muore dopo poche ore di detenzione senza che 
ai familiari sia stato concesso di vederlo, di salutarlo un’ultima volta, di 
farsi raccontare cosa fosse davvero successo. Per lui parlano quei terribili 
segni sul corpo, di cui però non viene fornita spiegazione, né viene individuato 
alcun colpevole, perché violenze ‘ininfluenti a determinarne la morte’. 
Il dolore della famiglia in queste ore è anche il nostro dolore. La loro 
amarezza per uno Stato che anziché proteggere, anche in luogo di detenzione, un 
suo cittadino, copre i carnefici è la nostra amarezza. 
Sarebbe sbagliato però lasciarsi sopraffare da questi sentimenti, arrendersi 
all’evidenza di una sentenza che non fa giustizia.
La battaglia per la verità deve continuare. Saremo accanto ai familiari di 
Stefano, che per tutti questi anni non si sono arresi, e continueranno a 
combattere perché giustizia sia fatta.
Intanto, chiediamo che il Parlamento dia subito un segnale importante, 
approvando nel tempo più rapido possibile il provvedimento che introduce il 
reato di tortura nel nostro codice penale.
Sarebbe un importante passo in avanti perché il diritto alla tutela fisica e 
psichica di qualunque persona privata della libertà venga affermato, insieme 
alla possibilità di individuare e punire chi tale diritto non rispetta.