Amnesty International, presente in questi giorni al Cairo, ha messo in 
guardia rispetto a un giro di vite nei confronti dei sostenitori di Mohamed 
Morsi, all'indomani dell'arresto dei leader dei Fratelli musulmani, degli 
attacchi ai mezzi di comunicazione e dall'uccisione di un manifestante da parte 
dell'esercito.
 
L'organizzazione per i diritti umani ha raccolto 
testimonianze da persone che manifestavano in favore del deposto presidente, 
colpite da proiettili letali in una strada nei pressi di piazza Rabaa Aladaweya, 
nel quartiere di Nasr City. 
 
Altri manifestanti pro-Morsi sarebbero 
stati uccisi il 5 luglio mentre cercavano di dirigersi verso il quartier 
generale della Guardia repubblicana. 
 
"Temiamo che la violenza degli 
ultimi giorni possa dar luogo a una spirale di nuove violazioni dei diritti 
umani e richiamare alla memoria il drammatico passato di violazioni dei diritti 
umani da parte dell'esercito egiziano" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, 
vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty 
International.
 
In una dichiarazione pubblicata su Facebook il 5 luglio, 
l'esercito ha fatto sapere che non avrebbe sciolto i gruppi politici e avrebbe 
rispettato il diritto di manifestare e la libertà d'espressione di tutti gli 
egiziani.
 
"È difficile riscontrare prove di tale rispetto quando un 
manifestante è stato ucciso con un proiettile alla testa mentre non stava avendo 
alcun comportamento minaccioso" - ha commentato Sahraoui.
 
Pochi minuti 
dopo l'annuncio della deposizione del presidente, manifestanti pro-Morsi hanno 
avuto un alterco con un gruppo di soldati che cercavano di impedire l'accesso a 
piazza Rabaa Al-Adaweya e di proteggere l'ingresso di una vicina base militare. 
Nella violenza che ne è seguita, i militari hanno esploso proiettili veri in 
aria e all'indirizzo dei manifestanti.
 
Amnesty International ha 
verificato la morte di almeno un manifestante, un ventenne colpito da un 
proiettile alla testa, e il ferimento di altre tre persone. La mattina del 4 
luglio, l'asfalto di fronte all'ingresso della base militare era ancora sporco 
di sangue.
 
Amnesty International ha parlato, in ospedale, con 
testimoni oculari che erano stati feriti dai 
proiettili dell'esercito. Questi hanno riferito che i militari hanno iniziato a 
sparare a casaccio dall'interno della base militare. Un manifestante, che era in 
mezzo alla strada, ben lontano dall'edificio, è stato ferito. Un altro testimone 
ha riferito di cecchini appostati sul tetto di uno degli edifici della base 
militare.
 
"L'esercito e le forze di sicurezza devono 
immediatamente cessare di utilizzare proiettili veri nei confronti di persone 
che non pongono minacce alla vita altrui. Devono rimanere imparziali e fare 
tutto il possibile per prevenire e non per causare spargimento di sangue, e 
rispettare il diritto di manifestazione pacifica, senza discriminazione" - ha 
aggiunto Sahraoui.
 
Altri testimoni oculari hanno riferito ad Amnesty 
International che, nel pomeriggio del 3 luglio, i soldati hanno cercato di 
disperdere le proteste sparando in aria e muovendo veicoli blindati contro i 
manifestanti, che poi sono riusciti a fermarli. L'esercito ha bloccato l'entrata 
e l'uscita dalla piazza per tre ore. Un ferito ha dichiarato di non aver potuto 
uscire dalla piazza, nonostante avesse le gambe fratturate, per due 
ore.
Amnesty International ha sollecitato un'indagine indipendente 
e imparziale. In passato, le indagini sulle violazioni dei diritti umani 
commesse dall'esercito o dalle forze di sicurezza, condotte dalla procura 
militare o da quella civile, non hanno portato giustizia.
 
Almeno due 
esponenti di primo piano dei Fratelli musulmani, il vicesegretario Rashad 
Bayoumi e il presidente del partito Libertà e giustizia sono agli arresti nella 
prigione di Tora, così come il loro avvocato Abdelminin Abdelmaqsoud. Amnesty 
International ha sollecitato le autorità egiziane a incriminarli per un reato 
riconosciuto a livello internazionale oppure a rilasciarli. L'ex presidente 
Morsi si ritiene sia a sua volta in custodia delle forze armate.
 
Il 
quotidiano Al-Ahram ha riferito che le autorità avrebbero emesso 300 mandati di 
cattura nei confronti di altrettanti esponenti dei Fratelli 
musulmani. 
 
Il 3 luglio, la polizia ha fatto irruzione negli studi di 
sei emittenti televisive ritenute pro-Fratelli musulmani (Hafez, Al Jazeera 
Mubasher, Al-Khalijia, Misr 25, Al-Nas e Al-Rahma), spegnendo il segnale e 
arrestando complessivamente 14 persone. Almeno due persone, alla fine del 5 
luglio, erano ancora agli arresti. Gli impiegati di Al-Nas avrebbero subito 
maltrattamenti in carcere.
 
Il 5 luglio il ministro della Sanità ha reso 
noto che dal 28 giugno la violenza politica ha causato 52 morti e almeno 2619 
feriti.
 
Nei 17 mesi in cui il Consiglio supremo assunse il potere, 
all'indomani della "rivoluzione del 25 gennaio", le forze di sicurezza e 
l'esercito hanno ucciso almeno 120 manifestanti; le corti marziali hanno 
sottoposto a processi iniqui oltre 12.000 civili; i militari hanno arrestato 
donne che prendevano parte alle proteste e le hanno sottoposte con la forza a 
"test di verginità".