L’attenzione in questo momento è tutta sulla cittadinanza. Ma 
“dimenticare” la Bossi-Fini (e i suoi errori/orrori) può costarci caro. La 
proposta di Ismu, Fieri e Neodemos.
Un’authority per arrivare a una programmazione annuale dei flussi congruente 
con la realtà e un sistema di emersione, continuo e ad personam, che disinneschi 
il meccanismo infernale delle sanatorie di massa. Sono le principali “novità” 
contenute nel documento Oltre la crisi. Riforme per il governo delle 
migrazioni presentato martedì 2 luglio a Milano. Ma l’iniziativa (targata 
Ismu, associazione Neodemos e Fieri) ha un merito che va oltre 
l’aspetto contenutistico. Ha riproposto infatti all’attenzione dell’opinione 
pubblica e (speriamo) della politica una questione che, in questi ultimi mesi, è 
stata messa in ombra dal dibattito e dalle polemiche sulla cittadinanza: 
l’insostenibilità umana ed economica della Bossi-Fini e delle sue molteplici 
articolazioni (i Cie, per esempio). «Pochi istituti in questo Paese funzionano 
peggio del decreto flussi», ha detto Ferruccio Pastore, del Fieri, durante la 
presentazione. «Siamo gli unici ad aver fatto in tempi di crisi ben due 
sanatorie».
Il documento tocca in particolare tre aspetti: 1) la 
programmazione e la regolamentazione dei flussi di ingresso; 2) la gestione 
dell’irregolarità; 3) le politiche europee.
Gli ingressi Per quanto riguarda il primo punto, la proposta 
è  prevedere, accanto alla chiamata nominativa per impiego attualmente in 
vigore, altre possibilità di ingresso legale, a partire da quella per ricerca 
lavoro; e agevolare, ove possibile, la conversione dei permessi: per esempio, da 
studio a lavoro. A dare le linee per la programmazione dovrebbe poi essere, come 
dicevamo, un’Agenzia indipendente (designata dal Presidente del Consiglio, 
approvata dal Parlamento e nominata dal Presidente della Repubblica). «Fino ad 
ora la programmazione è stata fatta dal Viminale attraverso l’amministrazione. 
Invece ci vorrebbe un organismo dotato di competenze specifiche», ha detto 
Massimo Livi Bacci, demografo dell’Università di Firenze, uno degli autori del 
documento. Sulle agenzie indipendenti cade sempre il timore che si possano 
risolvere in carrozzoni politici. Ma questo rischio, secondo Livi Bacci, 
potrebbe essere ridotto dalla scelta di «avvalersi di istituti già esistenti». 
Sarebbe poi auspicabile trasferire ai comuni alcune funzioni e competenze in 
materia di rilascio dei permessi di soggiorno. In modo, sostanzialmente, di 
consentire al personale di polizia di fare… il personale di polizia!
Irregolarità ed Europa A proposito della gestione 
dell’irregolarità, il documento non mette in discussione l’esistenza dei Cie, ma 
ricorda come, in base alla stessa normativa europea, i centri dovrebbero essere 
usati come extrema ratio. Chiuderli non si può, ha detto in sintesi Pastore, ma 
operare in modo che restino semivuoti sì. Basta applicare la legge e utilizzare 
i molteplici strumenti disponibili, a partire dal rimpatrio volontario 
assistito. Il trattenimento fino a 18 mesi è invece assolutamente 
stigmatizzabile, e non solo per ragioni umanitarie: gli studi dimostrano che chi 
non viene identificato nel giro di un mese non riesce più a essere identificato. 
Dovrebbe poi essere prevista la possibilità di emersioni individuali, ove 
ricorrano determinati requisiti, come già avviene in Spagna, in Francia e in 
altri Paesi.
La questione dei rapporti con l’Europa, infine. «La 
programmazione va fatta anche a livello europeo», ha detto Livi Bacci. «Dovrebbe 
essere facilitata la mobilità dei lungoresidenti e, soprattutto, ci vorrebbero 
accordi multilaterali, che coinvolgano più Paesi allo stesso tempo». Il 
documento parla esplicitamente di rafforzamento di Frontex.
«Si tratta», ha detto Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione 
Ismu, «di proposte facilmente realizzabili, a costo zero o quasi, costruite 
sulla base di dati scientifici e prescindendo da implicazioni ideologiche». 
Proposte che nell’attuale fase politica possono e devono essere prese in 
considerazione. «Stiamo cercando di passare a una fase più matura», ha 
osservaato Gian Carlo Blangiardo, dell’Università Bicocca. «Chiunque governi o 
amministri questo Paese deve tenere conto di questi, che sono dati di realtà. 
D’altra parte, il cosiddetto decreto del fare ha dimostrato che è possibile 
introdurre elementi di novità sulla base di convergenze possibili». «È quello 
che stanno facendo negli Stati Uniti, con la nuova legge sull’immigrazione», ha 
fatto notare Pastore. Il documento non esaurisce ovviamente la questione. Altri 
dossier tematici (sull’asilo, la cittadinanza…) saranno presentati nei prossimi 
mesi. Intanto (comunque la si veda: per noi i Cie vanno chiusi e Frontex non ci 
piace affatto) sarebbe auspicabile cominciare a discutere.
Stefania Ragusa