In occasione del lancio del suo Rapporto 2014-2015, pubblicato in Italia da 
Castelvecchi, Amnesty International ha sollecitato i leader mondiali ad agire 
con urgenza di fronte alla mutata natura dei conflitti e a proteggere i civili 
dalla terribile violenza degli stati e dei gruppi armati.
“Il 2014 è stato un anno catastrofico per milioni di persone intrappolate 
nella violenza. La risposta globale ai conflitti e alle violazioni commesse 
dagli stati e dai gruppi armati è stata vergognosa e inefficace. Di fronte 
all’aumento degli attacchi barbarici e della repressione, la comunità 
internazionale è rimasta assente” – ha dichiarato Antonio Marchesi, 
presidente di Amnesty International Italia.
“Le Nazioni Unite furono istituite 70 anni fa per assicurare che gli 
orrori della Seconda guerra mondiale non si sarebbero mai più ripetuti. Adesso 
assistiamo a una violenza su scala massiccia che produce un’enorme crisi dei 
rifugiati. Siamo di fronte a un clamoroso fallimento nella ricerca di soluzioni 
efficaci per risolvere le necessità più pressanti dei nostri tempi” – ha 
aggiunto Marchesi.
Prospettive per il periodo 2015-2016
Il Rapporto 2014-2015 di Amnesty International presenta un’analisi 
complessiva della situazione dei diritti umani riscontrata nel 2014 in 160 paesi 
e ammonisce che, se i leader mondiali non agiranno immediatamente di fronte alla 
mutata natura dei conflitti e non rimedieranno alle carenze identificate nel 
Rapporto, la prospettiva per i diritti umani nel periodo 2015-2016 sarà tetra, 
con:
- popolazioni civili sempre più costrette a vivere 
sotto il controllo quasi statale di brutali gruppi armati e sottoposte ad 
attacchi, persecuzioni e discriminazioni;
 - crescenti minacce alla libertà d’espressione e ad 
altri diritti umani, tra cui le violazioni causate da nuove, drastiche leggi 
antiterrorismo e da sorveglianze di massa ingiustificate;
 - il peggioramento delle crisi umanitarie e dei 
rifugiati, con un sempre maggior numero di persone in fuga dai conflitti, i 
governi ancora impegnati a chiudere le frontiere e la comunità internazionale 
sempre più incapace di fornire assistenza e protezione.
 
 
Particolare preoccupazione è data dal crescente potere di gruppi armati non 
statali, tra cui il quello che si è denominato Stato islamico.
Nel 2014 i gruppi armati hanno commesso abusi dei diritti umani in almeno 35 
paesi, più di un quinto di quelli su cui Amnesty International ha svolto 
ricerche.
“Con l’estensione dell’influenza di gruppi come Boko haram, Stato 
islamico e Al Shabaab oltre i confini nazionali, sempre più civili saranno 
costretti a vivere sotto un controllo quasi statale, sottoposti ad abusi, 
persecuzione e discriminazione” – ha commentato Marchesi. 
“I governi devono finirla di affermare che la protezione dei civili è al 
di là dei loro poteri e devono invece contribuire a porre fine alla sofferenza 
di milioni di persone. Devono avviare un cambiamento fondamentale nel modo di 
affrontare le crisi nel mondo” – ha proseguito Marchesi.
Il potere di veto all’interno del Consiglio di sicurezza
Il Consiglio di sicurezza non ha agito di fronte alle varie crisi in Siria, 
Iraq, Gaza, Israele e Ucraina, neanche quando sono stati commessi crimini 
orrendi contro la popolazione civile da parte degli stati o dei gruppi armati, 
per proprio tornaconto o interessi politici.
Amnesty International ora chiede ai cinque stati membri permanenti del 
Consiglio di sicurezza di rinunciare al loro diritto di veto nei casi di 
genocidio o di altre atrocità di massa.
“Potrebbe essere una svolta per la comunità internazionale e uno 
strumento per difendere le vite umane. Così facendo, i cinque stati membri 
permanenti darebbero alle Nazioni Unite un più ampio margine d’azione per 
tutelare i civili in caso di gravi rischi per le loro vite e invierebbero un 
segnale potente che il mondo non resterà a guardare passivamente di fronte alle 
atrocità di massa” – ha spiegato Marchesi.
Commercio di armi
Nel 2014 la sanguinosa eredità dell’afflusso di armi in paesi dove sono state 
usate per compiere gravi abusi da parte degli stati e dei gruppi armati ha 
causato la morte di decine di migliaia di civili.
Amnesty International chiede a tutti gli stati – compresi Stati Uniti 
d’America, Cina, Canada, India, Israele e Russia – di ratificare o accedere al 
Trattato sul commercio di armi entrato in vigore lo scorso anno, dopo una 
campagna di Amnesty International e di altre organizzazioni durata decenni.
“Nel 2014, enormi forniture di armi sono state inviate a Iraq, Israele, 
Sud Sudan e Siria, nonostante la probabilità assai elevata che sarebbero state 
usate contro i civili intrappolati nei conflitti. Quando lo Stato islamico ha 
conquistato ampie parti dell’Iraq, ha trovato grandi arsenali pronti all’uso. 
L’irresponsabile flusso di armi verso chi viola i diritti umani deve cessare 
subito” – ha detto Marchesi.
Risposte draconiane
Amnesty International sollecita i governi ad assicurare che la loro risposta 
alle minacce contro la sicurezza non metta a rischio i diritti umani 
fondamentali o alimenti ulteriore violenza.
Il Rapporto 2014-2015 descrive il modo in cui molti governi, nel 2014, hanno 
invece adottato tattiche draconiane e repressive, come nei seguenti casi:
- Afghanistan: ripetute violazioni dei diritti umani da parte della Direzione 
nazionale per la sicurezza, tra cui torture e sparizioni forzate;
 - Kenya: adozione dell’Emendamento alla legge sulla sicurezza, una normativa 
repressiva che potrebbe dar luogo ad ampie limitazioni della libertà 
d’espressione e di movimento;
 - Nigeria: comunità già terrorizzate da anni da Boko haram sono state 
ulteriormente esposte alla violenza da parte delle forze di sicurezza, che hanno 
compiuto uccisioni extragiudiziali, arresti arbitrari di massa e torture;
 - Pakistan: le autorità hanno annullato la moratoria sulle esecuzioni e 
iniziato a mettere a morte prigionieri condannati per reati di terrorismo;
 - Russia e Asia Centrale: persone accusate di reati di terrorismo o sospettate 
di militare in gruppi islamisti sono state torturate dagli agenti della 
sicurezza nazionale;
 - Turchia: la legislazione antiterrorismo, formulata in modo generico, ha 
continuato a essere usata per criminalizzare il legittimo esercizio della 
libertà d’espressione.
 
 
“Dalla Nigeria all’Iraq, i governi hanno cercato di giustificare le 
violazioni dei diritti umani con la necessità di mantenere ‘sicuro’ il mondo. 
Stiamo vedendo pessimi segnali che i governi continueranno a reprimere le 
proteste, introdurranno drastiche leggi antiterrorismo e ricorreranno a 
un’ingiustificata sorveglianza di massa per rispondere alle minacce alla 
sicurezza. Ma sappiamo che le reazioni impulsive non funzionano. Al contrario, 
creano un ambiente repressivo nel quale l’estremismo può crescere” – ha 
sottolineato Marchesi.
Rifugiati
Una tragica conseguenza dell’incapacità della comunità internazionale di 
reagire di fronte alla mutata natura dei conflitti è una delle peggiori crisi 
dei rifugiati cui il mondo abbia mai assistito, con milioni e milioni di persone 
in fuga dalla guerra e dalla persecuzione, quattro dei quali solo dalla 
Siria.
“È terribile vedere come i paesi ricchi considerino prioritario lasciare 
le persone fuori dai loro confini piuttosto che tenerle in vita. La crisi 
globale dei rifugiati è destinata a peggiorare se non verranno prese misure 
urgenti. I leader mondiali hanno il potere di alleviare la sofferenza di milioni 
di persone, destinando impegno politico e risorse economiche all’assistenza e 
alla protezione di coloro che fuggono dai pericoli, fornendo aiuti umanitari con 
generosità e reinsediando i rifugiati più vulnerabili” – ha dichiarato 
Marchesi.
Appello ad agire
“Il quadro complessivo dello stato dei diritti umani è tetro ma le 
soluzioni ci sono. I leader mondiali devono intraprendere azioni immediate e 
decisive per invertire un’imminente crisi globale e fare un passo avanti verso 
un mondo più sicuro, in cui i diritti e le libertà siano protetti” – ha 
concluso Marchesi.
La situazione in Italia
Come le edizioni precedenti, il Rapporto 2014-2015 contiene un capitolo 
riguardante l’Italia.
Al centro delle preoccupazioni di Amnesty International restano la perdurante 
assenza del reato di tortura nella legislazione nazionale, la discriminazione 
nei confronti delle comunità rom, la situazione nelle carceri e nei centri di 
detenzione per migranti irregolari e il mancato accertamento – nonostante i 
progressi compiuti su qualche caso – delle responsabilità per le morti in 
custodia, a seguito d’indagini lacunose e carenze nei procedimenti 
giudiziari.
“Durante il semestre di presidenza dell’Unione europea, l’Italia ha 
sprecato l’opportunità di dare all’Europa un indirizzo diverso, basato sul 
rispetto dei diritti umani, sul contrasto alla discriminazione e soprattutto su 
politiche in tema d’immigrazione che dessero priorità a salvare vite umane, 
attraverso l’apertura di canali sicuri di accesso alla protezione 
internazionale, piuttosto che a controllare le frontiere” – ha dichiarato 
Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.
“Dopo aver salvato oltre 150.000 rifugiati e migranti che 
cercavano di raggiungere l’Italia dal Nord Africa su imbarcazioni inadatte alla 
navigazione, a fine ottobre l’Italia ha deciso di chiudere l’operazione Mare 
nostrum. Avevamo chiesto al governo, e lo stesso primo ministro si era impegnato 
pubblicamente in questo senso, di non sospendere Mare nostrum fino a quando non 
fosse stata posta in essere un’operazione analogamente efficace, in termini di 
ricerca e soccorso in mare. Le nostre richieste non sono state ascoltate, con le 
conseguenze ampiamente previste di nuove, tragiche morti in mare, nonostante il 
pieno dispiegamento dei mezzi e l’impegno della Guardia costiera italiana, 
lasciata pressoché sola dalla comunità internazionale” – ha commentato 
Rufini.