Quando sentiamo parlare di fondi e finanziamenti europei, sono diverse le reazioni possibili, a seconda del punto di vista dal quale si pensa all’argomento:
  1. le organizzazioni pensano alla realizzazione di specifiche attività o alla copertura di spese ordinarie dell’associazione ma anche alla difficoltà di accesso;
  2. le imprese vedono possibilità di credito, nuovi business, start up
  3. ai cittadini, il più delle volte, vengono in mente lo sperpero e lo spreco.
Come spesso accade non c’è un’unica verità e per iniziare a parlare di finanziamenti europei (in particolare per il Terzo Settore) e prima di affrontare questioni più tecniche e pratiche, è importante fare alcune considerazioni sul “cosa significhi accedere ai fondi europei”.

I fondi europei offrono diverse "opportunità"

Le varie esperienze dirette e indirette in Italia e all’estero mi hanno portato a definire i finanziamenti europei come “opportunità”. Opportunità che devono essere comprese e sfruttate correttamente affinché non si trasformino in ostacoli. Sicuramente un’opportunità economica: l’Unione Europea ha messo a disposizione per il settennio 2014-2020 quasi 1000 miliardi di Euro per la realizzazione di attività e iniziative che contribuiscano agli obiettivi della strategia 2020 (crescita intelligente, sostenibile e inclusiva), oltre a finanziamenti ad hoc per far fronte a situazioni di emergenza. Pur non essendo interamente dedicati al Terzo settore, vi sono programmi specifici pensati per le associazioni di piccole, medie e grandi dimensioni: da Erasmus +, Europe for Citizens, Creative Europe, Rights Equality and citizenship (circa 16 miliardi di Euro nel loro complesso). L’aspetto economico è probabilmente il più immediato e semplice da cogliere, ma avvicinarsi e accedere ai finanziamenti europei apre anche ad altre opportunità che rivelano i loro effetti più a lungo termine, ma che incidono profondamente sulla struttura e l’anima di un’organizzazione. Innanzitutto l’opportunità di crescita professionale: preparare, realizzare e gestire un progetto europeo è un percorso che, se intrapreso consapevolmente, porta a dei risultati non soltanto economici ma anche in termini di nuove professionalità e competenze, di pensiero e sviluppo strategico a medio e lungo termine e a frutti che travalicano i risultati di un singolo progetto. Lavorare con progetti europei, significa infatti, agire con metodologie e strumenti che vanno ad integrare e a potenziare le attività ordinarie di un’associazione. È, inoltre, un’importante opportunità relazionale. La maggior parte dei bandi europei richiede la presentazione di progetti da parte di partenariati transnazionali: le organizzazioni che vogliono accedere ai fondi europei hanno quindi la possibilità di posizionarsi ad un livello più alto rispetto alle tradizionali attività locali e sul territorio, ed entrare in contatto con realtà europee e non solo, con il quale confrontarsi e collaborare in un continuo scambio di best practice, metodologie innovative e nuove professionalità. Sempre in termini relazionali, partecipare a progetti europei significa anche entrare in partenariati che vedono collaborazioni intersettoriali (non profit, imprese, pubblica amministrazione) indispensabili per rendere le attività realizzate più efficaci e vicine alle esigenze reali degli stakeholder.

In conclusione

Per accedere ai fondi europei è consigliabile tenere presenti tutte le opportunità: l’aspetto economico, seppur importante e spesso vitale, fornisce soluzioni a breve termine ma rischia di trasformarsi in una difficoltà ulteriore se non è accompagnato da una visione d’insieme più ampia e da una crescita organizzativa e professionale.  
“Una volta colte, le opportunità si moltiplicano.” L’arte della guerra - Sun Tzu
Le organizzazioni che hanno ricevuto maggiori soddisfazioni dalla realizzazione di progetti europei e che sono cresciute negli anni in termini di sostenibilità economica, efficacia delle attività, efficienza e professionalità sono quelle che hanno avuto la pazienza di intraprendere un percorso strutturato e di pianificazione, integrando un nuovo approccio all’interno della struttura organizzativa e operativa preesistente.  

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