Come preannunciato nel mio precedente post, inizio da questo una serie di riflessioni su singoli aspetti della vita organizzativa, come tali più facilmente traducibili in consigli pratici. Consiglio pratico non vuol dire necessariamente operativo, come la parola potrebbe far pensare. È noto che prima del problem solving è forse più importante il problem setting. Se un consiglio, quindi, ci aiuta a inquadrare correttamente un problema, non sarà operativo ma certamente è pratico. Il consiglio pratico insomma può non essere per forza del tipo “segui le istruzioni”, ma consistere invece in un buon metodo per posizionare appunto il problema all’interno di una strategia di risoluzione. Come dice qualcuno “non esiste cosa più pratica di una buona teoria”.  

Ripensare i ruoli all’interno della sfera direzionale

Una domanda di consulenza che spesso viene espressa dalle organizzazioni non profit è rappresentata dalla necessità di ridisegnare la geografia dei ruoli all’interno della cosiddetta sfera direzionale, che solitamente include il Consiglio d'Amministrazione e i ruoli direzionali e/o di coordinamento. In un contesto dinamico come quello attuale, i processi decisionali sono rapidi e continui. Soprattutto una volta prese, le decisioni vanno implementate, monitorate e valutate. È comprensibile quindi che i compiti non siano adeguatamente distribuiti e/o che i meccanismi di coordinamento e di trasmissione delle informazioni non siano del tutto efficaci. Proprio perché viviamo nella postmodernità, dove l’ordine lascia spazio al “caos”, è difficile concepire la relazione tra gli organi direzionali e la conseguente definizione dei compiti in una logica rigida, prescrittiva e definita ex ante. Questo presumerebbe realtà aziendali statiche sia sul piano organizzativo che su quello dei servizi erogati. Poiché nel mondo del welfare, e dei servizi alla persona nel senso più ampio, solitamente le realtà che si incontrano sono dinamiche, orientate allo sviluppo e all’innovazione continua, quello che si va a ricercare non è l’ordine, ma un equilibrio dinamico che  deriva dall’agire “incrociato” dei diversi attori  appartenenti alla sfera direzionale. Le imprese non profit stanno diventando sempre di più organizzazioni complesse (multi servizi, multi-stakeholder e innovative) e non è più sufficiente che l’azione direzionale garantisca il conseguimento dei risultati sul piano operativo ed erogativo dei servizi. Questo lo si dovrebbe dare per scontato. L’azione manageriale dovrebbe puntare anche, e forse soprattutto, da una parte alla gestione della struttura organizzativa e degli effetti che essa ha sulle risorse umane, sulla conoscenza organizzativa, e  dall’altra allo sviluppo di nuovi servizi e di nuove politiche di posizionamento sul territorio. Allo stesso tempo però solo una persona, il Direttore/Coordinatore e, a seconda delle dimensioni aziendali qualche coordinatore/referente d’area (denominazione generica), hanno la responsabilità dei diversi processi che intrecciano compiti gestionali e di promozione/di sviluppo strategico. Il fenomeno che più si riscontra di conseguenza è l’esposizione al rischio “saturazione”. La gestione assorbe la quasi totalità delle energie e delle risorse a disposizione e ne rimangono poche per affrontare lo sviluppo e l’innovazione a livello politico-strategico.  Pressoché tutte le organizzazioni che incontro hanno diversi “sogni nel cassetto”, ma non trovano il tempo per svilupparli e tradurli in progetti.  

Cosa si può fare?

Ricette pronte non ne esistono, ma proviamo a definire un metodo di lavoro che possa aiutarci a impostare un progetto per la risoluzione di problematiche simili a quelle esposte. Quando devo affrontare questioni simili sottopongo il mio interlocutore (solitamente direttore/ coordinatore) a un “semplice” esercizio: gli chiedo di indicarmi le persone che svolgono le attività correlate a responsabilità gestionali inerenti le quattro caselle della seguente matrice. Le due dimensioni possono essere così rappresentate:
  1. gestione ordinaria: azione all’interno del quadro di regole esistenti e di piani già approvati;
  2. gestione straordinaria: azione che necessita di modificare le regole esistenti e/o i piani già approvati;
  3. sistema di gestione dei servizi o del sistema di offerta: insieme di pratiche e strumenti volti a realizzare l’offerta intesa come l’insieme dei servizi erogati dall'organizzazione a tutti gli utenti;
  4. sistema di gestione aziendale: insieme di pratiche e di strumenti volti a gestire le risorse affinché ci siano le condizioni per il funzionamento complessivo della azienda.
Dato lo spazio limitato che impedisce una presentazione più approfondita, possiamo intendere in modo schematico questi due ultimi concetti (3 e 4) rispettivamente come line e staff Nella stragrande maggioranza dei casi il mio interlocutore indica se stesso come il soggetto centrale per tutte le attività che rientrano nello schema. Di conseguenza il problema percepito diventa quello del tempo, che non è mai sufficiente per dedicarsi al presidio di processi legati allo sviluppo aziendale (e nei casi più disperati anche alla gestione ordinaria). Bisogna però essere consapevoli che trovare il giusto tempo da dedicare sia alla gestione, sia allo sviluppo non è un problema di una persona, ma della sfera direzionale nel suo insieme e che, quindi, va risolto adottando una visione più ampia, rimescolando diversi ruoli. La sfera direzionale, alla fine dei conti, è un lavoro di squadra. Perché ciò  avvenga si possono ipotizzare due strade:
  1. una forte delega da parte del Direttore/Coordinatore verso figure “subalterne” quali i referenti d’area (molti vorrebbero un maggior coinvolgimento);
  2. una forte assunzione di incarichi specifici da parte dei consiglieri del CdA (molti lamentano di non conoscere bene l’organizzazione).
Rispetto allo schema precedente questo vuol dire che in ogni casella possiamo individuare specifiche figure a cui delegare compiti:
  1. Amministrativi, responsabili d’area ecc.
  2. Responsabili d’area, operatori
  3. Consiglieri con un incarico-delega specifica (con competenze più organizzative)
  4. Consiglieri con un incarico-delega specifica (con competenze più progettuali).
Certamente si tratta di uno schema “semplice”di per sé non risolutivo,  che offre però molti elementi utili per elaborare un piano operativo di riorganizzazione della sfera direzionale. In particolare ci aiuta a capire meglio la direzione del cambiamento (sul contenuto di quale quadrante è più urgente intervenire, dove è fattibile delegare, ecc.), quali persone coinvolgere, quali competenze devono possedere e/o quali competenze vanno trasferite attraverso azioni formative mirate. Nel prossimo post approfondiremo i possibili modelli di Consiglio d'Amministrazione, la differenza tra dirigente e coordinatore e il concetto della delega con i vari livelli di responsabilità.

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