Nel post precedente ci eravamo chiesti se e come si possa valutare la solidità di una banca, prescindendo dal solo parametro del CET. Il processo è complesso e richiede conoscenze specialistiche sul bilancio delle banche, materia regolata dal Testo Unico Bancario e dalle Istruzioni della Banca d'Italia, anziché dal Codice Civile. Giusto così, perchè la funzione economica delle banche è molto diversa da quella delle altre imprese commerciali, industriali e di servizi: ciò che tratta una banca è il denaro. Apparentemente. In realtà ciò che una banca commerciale è solo formalmente rappresentato da denaro (sia nella forma base delle banconote in euro o dei conti in euro, ma anche nelle forme più evolute costituite da strumenti finanziari che rappresentano euro investiti). Nella sostanza ciò che una banca tratta è un elemento molto immateriale... la fiducia. La fiducia che hanno i depositanti quando lasciano i loro euro nelle casse della banca, la fiducia che la banca dà ai clienti ai quali eroga fidi, che siano mutui per la casa o altri tipologie per le imprese, la sostanza non cambia. Sempre di fiducia si tratta.  

Cosa ci raccontano i bilanci delle banche?

I bilanci bancari sono quindi strutturati per dare conto al pubblico di come sia stata utilizzata questa fiducia e di come e quanto il livello di fiducia che si ha in una banca possa mutare, in meglio o in peggio. Ecco una brevissima sintesi (con parecchie omissioni per rendere più “digeribile” l'argomento) del contenuto di un bilancio di una banca. Prima di tutto, il passivo dello stato patrimoniale è costituito dai debiti verso la clientela (e verso altre banche), dal patrimonio della banca (che è poi la base del CET), da altre voci, di importo e rilevanza inferiore. All'attivo ci sono invece i crediti verso la clientela, che sono il punto dolente del sistema bancario italiano,  i crediti verso altre banche, gli investimenti in titoli, gli investimenti in immobili (tipicamente gli uffici dove opera la banca).  

L'elemento cruciale sono i crediti verso la clientela

Ci concentriamo sui crediti verso la clientela. Nello stato patrimoniale sono indicati i crediti netti, cioè quelli da cui sono state tolte tutte le possibili previsione di perdita. Se la banca ha fatto, per ipotesi, un prestito da 1.000.000 euro a impresa poi fallita, che ritiene di non poter recuperare, questo prestito non comparirà fra i crediti e sarà portato fra le “perdite” della banca (con riduzione quindi dell'utile di bilancio, che si trova nel conto economico). Se sul medesimo prestito la banca ritiene di poter recuperare il 50%, il prestito comparirà nella voce  “crediti verso clientela” per 500.000 euro, e fra le perdite del conto economico sarà conteggiato per 500.000 euro. Nessun problema esisterebbe se la valutazione sulla recuperabilità di un credito fosse operata su dati certi, indiscutibili. Ma questo non avviene, perchè la recuperabilità di un credito è frutto di una previsione, di una valutazione, che fa il Consiglio di Amministrazione della banca. Se la banca in questione ha un portafoglio prestiti “sano”, cioè con poche posizioni a rischio di perdite, il C.d.A. non avrà difficoltà a fare valutazioni molto rigorose e portare a perdite tutti i crediti dubbi. Se invece il portafoglio fosse caratterizzato da molte, tante, troppe posizioni difficilmente recuperabili, può succedere che il C.D.A. adotti criteri meno stringenti, perchè altrimenti dovrebbe svalutare numerosissime posizioni da portare a perdite e magari dovrebbe chiudere il bilancio in passivo, usando il patrimonio per coprire le perdite e alla fine trovarsi con un CET inferiore ai limiti di legge, con il conseguente avvio di procedure di “bail-in” per la banca, o di ricapitalizzazioni spesso difficili da condurre in porto (vedi l'ultimo caso: Monte dei Paschi di Siena). Come possiamo intuire se la banca di cui ci serviamo ha un portafoglio crediti più o meno “pulito”? Ci vengono in aiuto i numeri della “nota integrativa”. Da questa riusciamo a valutare:
  • l'incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei crediti della banca;
  • quante svalutazioni di crediti la banca ha fatto negli ultimi anni;
  • se e quanto i fondi rischi, costituiti a fronte delle possibili perdite, sono stati utilizzati;
  • quante altre perdite potrebbero “coprire” questi fondi rischi.
In particolare, per una valutazione sintetica dello “stato di salute” del portafoglio crediti della banca, può essere utile iniziare a guardare con calma (e possibilmente confrontare su più anni) i dati della Tabella 7.1 della Parte A della Nota Integrativa. Dulcis in fundo: la Banca d'Italia compie periodicamente ispezioni sulle banche. In seguito a queste ispezioni capita spesso che le banche siano invitate a rivedere con maggiore rigore la qualità dei loro prestiti, quindi si assiste spesso a un incremento delle perdite e delle sofferenze dopo le ispezioni di Bankitalia. Può essere interessante sapere a quando risale l'ultima ispezione: se  è recente, si può presumere che le valutazioni sulla qualità del credito espresso in bilancio siano piuttosto corrette, se risale a diversi anni prima... magari queste valutazioni non sono proprio così precise. A buon intenditor, poche parole.

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