Credo che nessuno di noi abbia mai provato a contare quanti messaggi pubblicitari ci colpiscano ogni giorno: mentre camminiamo per la strada, mentre andiamo al lavoro, mentre siamo a casa o andiamo al cinema. Siamo bombardati da migliaia di messaggi pubblicitari, poi non parliamo delle sollecitazioni che ci arrivano dal web e dai social media grazie al mobile. Distinguere i prodotti tra di loro è ormai impossibile. Come può quindi il brand distinguersi dalla massa? Deve emozionare e caricarsi di significati, di valori condivisibili e trasmettibili da un individuo all’altro, deve caratterizzarsi come elemento culturale. Queste esperienze tendono a ripetersi nel corso della storia, prendendo differenti forme ma mantenendo quella riconoscibilità che non ha tempo e che trova compimento nei "momenti di vita quotidiana", nell’esperienza tra persone, tra persone e brand, tra brand e persone.  

Cosa è il brand?

La "Marca" è un dispositivo, uno strumento, un libro che racconta differenti mondi possibili ed è qui che i brand si distinguono, nello stesso modo con il quale si distinguono le persone. I brand come le persone hanno:
  • un nome
  • una personalità
  • un carattere
  • una reputazione
I brand come le persone possono essere:
  • amati
  • rispettati
  • apprezzati
I brand come le persone ti fanno venire voglia di:
  • stare loro vicino
  • stare loro alla larga
Quindi come le persone entrano in contatto tra di loro attraverso l’attivazione di emozioni, così il brand deve attivare delle emozioni nelle persone con le quali va in contatto, solo così potrà stabilire una relazione veritiera, duratura e stabile nel tempo. A parer mio questa è la direzione per l’uomo e per i brand.  

Il metodo degli "archetipi" e il brand

Carl Jung, psicanalista e antropologo svizzero, in contesti totalmente diversi da quello del marketing e della comunicazione, ha teorizzato il metodo degli "archetipi" che attualmente è alla base delle strategie comunicative di molti brand. Gli archetipi rappresentano dei modelli a cui fare riferimento per il proprio brand, proprio come una persona. Sono degli attivatori di emozioni, che se focalizzati bene sono in grado di creare un senso di appartenenza e di fidelizzazione nel potenziale cliente tale da innescare una o più interazioni verso un determinato brand. Quali sono questi archetipi di cui si sente sempre più spesso parlare? Ne faccio un elenco senza per questo volermi soffermare su ognuno di essi, per questo vi è una nutrita bibliografia e in particolare mi sento di segnalare Create di Mirko Pallera.
  1. Sovrano: controllo (ad es. Microsoft, American Express e Mercedes)
  2. Creatore: costruzione (ad es. Lego)
  3. Innocente: fede e ottimismo (ad es. Mulino Bianco e Coca Cola)
  4. Saggio: comprensione (ad es. Google e Wikipedia)
  5. Esploratore: indipendenza (ad es. Malboro e Red Bull)
  6. Eroe: coraggio (ad es. Nike e FedEx)
  7. Mago: trasformazione (ad es. Disney e Calgon)
  8. Ribelle: anticonformismo (ad es. Virgin e MTV)
  9. Uomo comune: accettazione (ad es. Moretti e Dove)
  10. Burlone: divertimento (ad es. M&M, Diesel e Fanta)
  11. Amante: passione (ad es. Nespresso)
  12. Angelo custode: protezione (ad es. Emergency, Unilever e Croce Rossa)
Quante volte da piccoli ci hanno letto delle favole, delle storie che ci procuravano emozioni: paura, gioia, dolore, allegria. Sono state complici della nostra crescita, ascoltandole o leggendole, abbiamo imparato a vivere e a scegliere tra il bene e il male, tra quello che ci piaceva e quello che ci disgustava, sperimentando differenti mondi siamo diventati grandi. Pensiamo a quale emozione suscita in noi ancora oggi, pronunciare: "C’era una volta…", leggendo Pinocchio, Cenerentola, Biancaneve o guardando Alice in Wonderland.  

Dagli archetipi alla Value Proposition

Ed ecco come gli archetipi descritti da Mirko Pallera in Create possono essere dei veri e propri attivatori di emozioni. Un esempio è rappresentato dalla famosa campagna di Dove che ha segnato lo stile comunicativo del brand. Qui non si parla di prodotto ma di significati archetipici.   Uomo comune – accettazione Dove: qui non esiste il prodotto ma l’immaginario è fortissimo.   Dove: sicurezza, formazione e protezione.   Quindi anche un prodotto, un brand, un profumo, un gioiello, un’automobile, un sorriso, un pianto, un libro, uno spot, un video, un film ci riportano inevitabilmente a qualche cosa di antico, di atavico che è dentro di noi. Una volta stimolato, questo qualche cosa (che chiamiamo archetipo) emerge per cercare il compimento di un irrisolto, un qualche cosa con il quale ci sentiamo in sintonia, che riconosciamo come già vissuto. Così un film come “Cloud Atlas” ci cattura, ci collega con quell’umanità intera che scorre sullo schermo. Emozionandoci.   Il futuro è nelle relazioni, nella condivisione di emozioni che genera quella energia creativa che è alla portata di tutti. Così si arriva fino a quella forma di marketing che Kotler definisce marketing dell’anima. Come lo Spot delle Olimpiadi 2016 capace di entrare in contatto con le emozioni più antiche del mondo, colpendo così nel segno.   Non solo grandi brand, film famosi o romanzi possono accedere al metodo degli archetipi. Vi invito a guardare questo video frutto dell’analisi di una start up attraverso il modello “business model canvas” creato da Osterwalder e Pigneur.   Fino ad oggi l’utilizzo degli archetipi nel brand è stato visto in funzione della comunicazione: il brand viene associato a un significato frutto della forza emotiva ed espressiva dell’archetipo che lo rappresenta. Il cuore di un business model canvas consiste nella Value Proposition, nella proposta di valore ovvero la ricerca della risposta alla domanda: “Quale Valore trasferiamo al nostro cliente?”. Se intendiamo gli archetipi come bisogni profondi dell’interiorità umana, situazioni irrisolte, ecco che rispondiamo anche alla domanda: ”quali bisogni umani soddisfiamo?”.   Fonti: Create - Mirko Pallera La strategia di comunicazione nell’era digitale - Maria Pia Favaretto Marketing 3.0 - P.Kotler

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