Arriva l’estate, le giornate si allungano e aumentano le occasioni per stare all’aperto a scrutare l’orizzonte. Vi è mai capitato di fermarvi a osservare gli aerei che come piccoli puntini nel cielo azzurro lasciano quella fugace traccia bianca sul loro cammino? E vi siete mai fermati a fantasticare sulle possibili vite dei passeggeri di quel volo? Persone che stanno andando o rientrando da una vacanza, coppie in luna di miele, uomini di business impegnati in un ennesimo viaggio di lavoro, giovani “cervelli in fuga” e tante altre.

Innumerevoli storie diverse che si intrecciano per qualche ora per poi proseguire ognuna per la propria strada. E perché non usiamo questa stessa ingenua ma potente curiosità con le persone che incrociamo quotidianamente sul nostro cammino, soprattutto se “diverse” da noi? Invece di voltarci con faccia indifferente di fronte a una persona senza fissa dimora che riposa in un cartone sul ciglio di una strada, perché non proviamo a domandarci quale sia la sua storia? Avrà sicuramente avuto dei genitori, degli amici, una compagna e magari dei figli, un lavoro, una “altra” vita. E lo stesso dovremmo fare quando vediamo per strada una donna che è costretta a mercificare il proprio corpo, un bambino timoroso in disparte chiuso nel suo mondo fantastico, un ubriaco deriso per la sua andatura traballante oppure quando sentiamo parlare di centinaia, se non migliaia, di persone che mettono a rischio la propria vita in viaggi di fortuna.

Perché ci dimentichiamo sempre che il mondo è fatto da tante singole persone, ognuna con una propria storia (passata, presente e futura)?

 

Il grande potere delle storie

 

Casualmente l’altro giorno mentre stavo cercando di mettere ordine a questi pensieri, mi sono imbattuto nell’intervento di Matteo Caccia, co-autore e conduttore del programma radiofonico Pascal, al TEDx di Rovigo di qualche anno fa.  

«Raccontare storie è un gesto politico, nel senso più puro del termine, perché mostra il mondo in mille modi diversi, perché fa capire che la vita può essere vissuta in mille modi diversi e ogni modo, se è lecito ovviamente, ha diritto di essere vissuto in questo mondo. Ed ecco perché secondo me continuare a far sapere di noi, raccontare delle nostre storie e raccogliere storie di vita di altre persone può sollevare il livello di temperatura umana tra le persone.»

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Bingo! Semplice e diritto al punto. Per noi che lavoriamo nel non profit e che continuiamo a dire che dobbiamo imparare a portare al centro la persona, questa è la soluzione: impegnarci a raccogliere e raccontare a gran voce le storie con cui entriamo in contatto tutti i giorni in modo da far emergere la complessità del nostro tempo, far capire che non ci può essere bianco o nero ma che la vita è una tavolozza di colori, a volte accesi a volte spenti ma che nel giusto mix possono diventare un capolavoro.  

Come sottolinea lo stesso Matteo Caccia, le storie hanno una potenza eccezionale:

  1. se è veramente una storia, intrattiene: ti prende per mano e ti porta con la mente e con le emozioni da un’altra parte e alla fine ti stimola a condividere altre storie proprie o di altri;
  2. una storia ti fa sentire meno solo: crea empatia perché ti fa capire che ci sono altre persone che hanno vissuto storie simili alla tua, anche più complicate, e che in qualche modo hanno trovato il modo di costruirsi un futuro;
  3. le storie calmierano l’egotismo: chi si sente migliore degli altri e quindi si posiziona su un gradino più alto, scopre che da qualche parte nel mondo ci sarà qualcun altro che ha fatto meglio la stessa cosa, magari più in grande e con un maggiore impatto.

 

Il non profit: un mondo di eroi

 

Una storia, per essere tale, deve avere un inizio e uno sviluppo che si articola nel tempo attraverso delle azioni e dei cambiamenti che portano a un finale. E nelle storie di solito c’è un protagonista che mi piace definire, se penso al non profit: eroe. Perché ogni giorno nel nostro settore assistiamo a gesti eroici che però abbiamo smesso di considerare tali, ridimensionandoli ad azioni quotidiane e abituali. Ma chi sono gli eroi nel non profit?

Beneficiari

Sono lo scopo di vita di tutte le attività delle organizzazioni non profit, scrivere il loro lieto fine è la mission, la spinta e la gratificazione che permette di lottare giorno dopo giorno. Spesso le organizzazioni, un po’ per timore e un po’ per cattiva abitudine, tendono a farle passare in secondo piano.  

Operatori, educatori, fundraiser

Sono coloro che costruiscono il lieto fine alle storie dei beneficiari. Nella loro attività non solo mettono competenza e professionalità ma soprattutto passione, energie e tenacia per affrontare sfide che la maggior parte delle persone ignorerebbe voltando lo sguardo da un’altra parte.  

Donatori

I donatori sono il terzo anello chiave della vita delle organizzazioni non profit, ma non per questo meno importanti. Avendo a cuore le storie dei beneficiari, cedono o mettono a disposizione le proprie risorse affinché gli operatori dell’ente possano scrivere il lieto fine. Sono gli eroi che trovano meno spazio nelle narrazioni degli enti, spesso perché i donatori non vogliono rendere pubblico il loro gesto o semplicemente perché spesso noi fundraiser erroneamente diamo per scontato che non lo vogliano.  

Organizzazioni non profit

Infine l’organizzazione è l’entità che crea le condizioni affinché tutti gli altri eroi possano esprime il loro potenziale. È un insieme di progetti, attività, persone e storie. Nel raccontare l’impegno negli anni bisogna stare molto attenti a non cadere nell’autoreferenzialità ma trasformarlo in un megafono per dare fiato e vita a tutti gli altri eroi.  

Non dobbiamo quindi mai dimenticare che è proprio attraverso le storie (ad es. le fiabe e le favole che ci leggevano i nostri genitori per addormentarci) che abbiamo imparato a conoscere le varie sfaccettature del vivere quotidiano.

Ora che siamo grandi non dobbiamo perdere l’abitudine di raccontare, e soprattutto di ascoltare, le infinite storie delle persone che rendono umano e vario il nostro mondo.      

 

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