Li scopriamo grazie al prezioso contributo scritto da Laura Lugli.

Laura Lugli,dopo la laurea in Scienze Politiche, ha conseguito il Master in Fundraising all’Università di Bologna. Consulente e formatrice in fundraising, people raising e comunicazione per le organizzazioni non profit, ha lavorato presso il CSV di Modena, presso l’ufficio di fundraising dell’AIL di Bologna e dal 2011 è socia di ASSIF - Associazione Italiana Fundraiser. Ha partecipato alla redazione della collettanea intitolata “Raccolta Fondi e welfare di prossimità” 2015, “Nuove frontiere del Volontariato” 2017, “Il piano di fundraising” 2018.

 

1. Siccome è donato, va bene tutto.

Spesso in buona fede pensiamo che sia meglio non chiedere o fare proposte concrete, poiché le persone si donano. Spesso sento dire “C’è tanto da dare, capiremo insieme cosa è meglio fare” o ancora peggio in automatico ci aspettiamo che le persone facciano delle proposte… Se vogliamo raggiungere un obiettivo, realizzare un progetto insieme ai volontari dobbiamo pensare ed esplicitare perché vogliamo fare quello che facciamo e dove vogliamo arrivare, delineando delle opportunità minime attraverso le quali le persone possano orientarsi, scegliere e aggiungere idee o proposte. 
Se non esplicitiamo un quadro comune, le persone difficilmente riusciranno ad abitare questo spazio condiviso. In altre parole proprio perché vogliamo valorizzare il talento di ciascuno dobbiamo creare le condizioni affinché tutti possano trovare il proprio spazio che sia coerente e dialoghi con gli altri. 

 

2. Non dare fiducia.

Se vogliamo fiducia dobbiamo dare fiducia. Non solo! Per costruire con gli altri bisogna porsi a loro in modo positivo e aperto, pensando che tutte le persone siano portatrici di un pensiero, di competenze, di idee, di simpatia o di saggezza… qualunque cosa. Tutti portano un dono, l’importante è saperlo catturare e mettere in circolo. Questo non avviene in modo spontaneo né automatico, serve la volontà di farlo emergere e metterlo a disposizione. La peggior cosa è pensare cosa gli altri possano pensare, o etichettarli per quello che potranno fare senza prendersi il tempo di approfondire insieme. 

 

3. Prendersi troppo sul serio.

Le persone si attivano perché vogliono fare qualcosa di BELLO, di DIVERTENTE e di UTILE; spesso ci dimentichiamo che le persone si attivano perché si vogliono divertire, vogliono conoscere gente, fare cose, imparare, uscire dalla propria confort zone, oppure semplicemente ascoltare nuove persone e nuovi mondi perché questo li fa stare meglio. Quindi è un errore essere troppo incentrati sul servizio o sull’attività dimenticando che le persone si donano, e si sono attivate per gli altri, sì, ma per trovare senso e gioia con e per gli altri aggiungendo valore a ciò che facciamo.

 


4. Dare per scontato.

“Hai fatto quello che dovevi fare…” è riduttivo e anti-dono…Celebrare i risultati, ringraziare per ciò che si è riusciti a realizzare insieme, apprezzare l’impegno di tutti è fondamentale per l’ingaggio delle persone. A tutti piace capire l’utilità di quello che si fa: è vero che donando si riceve più di quello che si dà, ma la soddisfazione si trova anche dal rimando che le persone intorno a te sono capaci di dare… vogliamo attenzioni, vogliamo fare per costruire insieme quindi ad un certo punto un rimando da qualcuno o da qualche parte deve arrivare, no?!

 


5. Non condividere.

“Come si fa a coinvolgere i volontari?” “come si fa a valorizzarli o a fidelizzarli?” Parlateci! Coinvolgeteli! Condividete con loro problemi e desideri. Cercate insieme soluzioni a bisogni comuni. Probabilmente siamo cresciuti con modelli di leadership top-down, dove le persone ci dicono cosa dobbiamo fare e lo facciamo; non sempre questo viene apprezzato, anzi...spesso viene vissuto come un’imposizione. Di certo non va bene neanche il contrario dove tutti possono fare tutto; il giusto equilibrio o la giusta misura, si dice, stia sempre nel mezzo; quindi non abbiate timore e condividete le criticità del lavoro per capire cosa poter fare. Da soli non si va da nessuna parte e l’unico modo per crescere e migliorarsi è il confronto con gli altri.  

 

6. Non programmare.

Chiudiamo in bellezza con un grande classico…l’agire con metodo e organizzazione nel mondo del volontariato sembra davvero una chimera. Decidere insieme cosa è meglio fare e dividersi i compiti sembra davvero una perdita di tempo….e mi chiedo costantemente"perché"? Cosa c’è di più bello che darsi una meta, decidere come raggiungerla, dividersi i compiti e provare a procedere?! Sicuramente ci saranno degli imprevisti in itinere e proprio per questo al fine di non perdersi è fondamentale avere una rotta ben chiara e precisa, altrimenti si smarrisce la via. Senza contare che si impara per tentativi ed errori quindi pianificare ci permette al termine delle attività di dare uno sguardo indietro e rispetto alle azioni pianificate capire cosa ha funzionato e cosa no. Serve proprio per capire ex post come poter migliorare le proprie attività. E non pensate che si scontri con il fatto che donare è un atto libero e gratuito, eh no! É proprio perché le persone si donano che hanno tutto il diritto di fare una bella esperienza, di essere accompagnati, di trovare riferimenti chiari e precisi. Essere organizzati non significa irrigidirsi e perdere il sorriso, anzi ti permette di guardare al contenuto con più leggerezza e armonia! 


Infine mi piace sempre pensare, come dice Ruskin, famoso scrittore e poeta inglese dell’età vittoriana, che “La qualità non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo intelligente.”

Partecipate amici, partecipate e fate in modo che gli altri si attivino, non affidatevi al caso, ma siate pionieri, avventuratevi per nuovi destini!

 

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