Per molte organizzazioni non profit la raccolta fondi è un male necessario. Qualcosa a cui ricorrere quando non riusciamo più a far quadrare il bilancio e abbiamo un disperato bisogno di risorse. Una richiesta di aiuto a cui si vorrebbe volentieri fare a meno, se solo le entrate ordinarie fossero sufficiente a garantire la sostenibilità della nostra organizzazione.

La promozione del dono invece è l’attività economica più redditizia che un ente senza finalità di lucro può intraprendere. In Fondazione Italia per il dono è da diversi anni che il ROI (ritorno sull’investimento) della raccolta fondi è sempre stato superiore al 1.000 per cento e lo scorso anno, complice un lascito molto importante, si è avvicinato al 10.000 per cento. Credo sia difficile immaginare un’attività legale, profit o non profit, in grado di generare simili ritorni.

Promuovere il dono infatti, non significa chiedere aiuto, ma offrire un servizio. Attraverso il dono è possibile soddisfare alcuni bisogni, oggi sempre più diffusi e impellenti, a cui la nostra società non sembra dare risposte adeguate: il bisogno di senso, quello di dar vita a relazioni umane libere, perché non strumentali, quello di vivere emozioni autentiche. In un mondo in cui abbiamo perso fiducia nelle forze politiche, attraverso il dono, possiamo realmente dare il nostro contributo alla definizione e realizzazione del bene comune, affermando quindi concretamente il nostro essere cittadini. 

Il dono diventa quindi una delle modalità più efficaci per vivere la nostra umanità. Il dono è infatti uno scambio fondato sulla libertà. Vivere il dono significa quindi riscoprire il significato più vero e profondo di un concetto, la libertà appunto, che troppo spesso viene degradato a mera licenza, alla soddisfazione delle proprie voglie, ad un’inutile lotta per cercare di soddisfare, in modo effimero, effimeri bisogni.

In una società complessa come la nostra, in una cultura che ha ridotto l’individuo alla sola dimensione economica e che guarda con sospetto ogni atto che non sia esclusivamente finalizzato al profitto, vivere il dono è però difficile. Potrà essere utile ricordare che nel nostro ordinamento la donazione non esiste, esiste solo l’anticipo di eredità, proprio perché il dono viene considerato un atto innaturale, che ha senso fare solo quando saremo costretti a lasciare questa terra.

Promuovere il dono quindi, per un ente non profit, non è solo un modo per raccogliere risorse con cui finanziare le proprie attività, ma anche e, direi, soprattutto, la via per affermare un proprio ruolo sociale che vada bene al di là della pura erogazione di servizi, spesso per conto terzi. È attraverso la promozione del dono che possiamo rigenerare quella fiducia, quella speranza e quella solidarietà, di cui sentiamo la mancanza e che sono fondamentali non solo per sentirci veramente umani, anche per garantire il corretto funzionamento del libero mercato e delle istituzioni democratiche.

Inoltre per promuovere il dono, l’ente è costretto a sviluppare tutte quelle attività - una comunicazione efficace, la cura delle relazioni, l’approfondimento della propria identità, la riscoperta delle proprie motivazioni, la valutazione del proprio impatto - che sono indispensabili per il perseguimento della missione, ma che troppo spesso vengono trascurate perché non immediatamente funzionali all’erogazione dei propri servizi.

Proprio perché la promozione del dono deve essere gestita come un’attività economica, essa necessita di obiettivi bene definiti, di un budget dedicato e soprattutto di tanta progettazione e programmazione. Suscitare donazioni non è difficile, ma come ogni lavoro degno di questo nome non può essere improvvisato. Capire come strutturarsi diventa quindi indispensabile per cogliere tutte le opportunità, non solo economiche, ma anche morali che solo il dono ci può regalare. Sono questi gli obiettivi del corso online organizzato da ConfiniOnline “Il dono nella raccolta fondi” che si terrà nelle date del 6-8-10 e 14 giugno dalle ore 10:00 alle ore 12:00.

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