Questa settimana, all'interno della raccolta di spunti e riflessioni sull'evoluzione, le necessità, i bisogni e le problematiche che interessano il Terzo settore, che stiamo curando in collaborazione con il Master Promotori del Dono dell'Università dell'Insubria, vi proponiamo la presentazione del Prof. Giuseppe Colangelo, dell'attuale scenario che descrive il settore  non profit e di un'interessante punto di vista sul suo potenziale sviluppo.

La più recente analisi statistica disponibile condotta dall’Istat sulle istituzioni non profit in Italia su dati del 20201 evidenzia che al 31.12.2020  erano operative 363499 unità che impiegavano 870183 dipendenti. Numeri  importanti che testimoniano, anche nel confronto con altri Paesi europei di dimensione simile alla nostra, come nel nostro Paese questo settore sia piuttosto grande e rilevante e sia in grado di dare un importante contributo alla nostra economia. Sempre dal succitato studio dell’Istat si evince che dal 2011 il numero di istituzioni non profit attive in Italia sia sempre stato in crescita, così come in crescita è sempre stato il numero di dipendenti. È anche vero che dal 2018 le istituzioni non profit crescono di più nel Sud e nelle Isole rispetto al Nord e al Centro; ma il grosso delle istituzioni di questo tipo si concentrano ancora nel Nord (con il 50%) e al Centro (con il 22,2%), mentre al Sud e nelle Isole si concentrano rispettivamente solo il 18,2% e il 9,4%. Un’altra caratteristica rilevante del settore non profit è che la stragrande maggioranza delle sue istituzioni opera senza dipendenti: ben l’85,7%; il 5,9% impiega fino a 3 dipendenti; il 4,7% impiega tra 3 e 9 dipendenti, mentre solo il 3,7% ha almeno 10 dipendenti. 

Nel confronto con gli altri Paesi europei, il settore italiano del non profit è decisamente più frammentato e composto da una miriade di piccole istituzioni locali, mentre all’estero, ad esempio in Francia, in Germania o anche in Spagna il settore non profit ha meno istituzioni ma più grandi e con maggiore capacità finanziaria e di investimento. In termini di settori di attività, le nostre istituzioni non profit si concentrano principalmente nello sport (con il 32,9%); nelle attività culturali e artistiche (con il 15,9%), nelle attività ricreative e di socializzazione (con il 14,3%) e nell’assistenza sociale e nella protezione civile (con il 9,9%).

È evidente quindi che soprattutto in Italia dove il settore non profit è così frammentato e composto da minuscole microrealtà locali si pone il problema del finanziamento di queste istituzioni. E tra gli strumenti di finanziamento una particolare rilevanza è assunta dal dono e dalle campagne di dono a favore di queste istituzioni che assumono un ruolo particolare proprio nel periodo del Natale. Bisogna però saperle fare bene queste campagne del dono; c’è una particolare professionalità che si richiede alle istituzioni non profit per poter procedere in tal senso e utilizzare al meglio la leva del dono, curando con attenzione e garbo il rapporto con i donatori. Alcune università, come anche la nostra, hanno voluto impegnarsi a fondo e desiderano continuare a farlo, utilizzando le proprie competenze per formare al meglio giovani volenterosi decisi a contribuire con il proprio lavoro al mondo del terzo settore affinando la propria professionalità in senso multidisciplinare. Lo scopo è quello di permettere a questi giovani, una volta concluso il periodo di formazione universitaria, di inserirsi bene nel settore non-profit portando nuove professionalità capaci di migliorare le campagne di finanziamento del non profit basate sul dono e di migliorarne anche la gestione della propria attività.

Anche la teoria economica è favorevole allo sviluppo del settore non profit

È ben noto che anche la teoria economica sostiene l’importanza dello sviluppo delle istituzioni non profit nelle nostre moderne economie. Esse possono contribuire in modo rilevante al superamento di alcuni famosi fallimenti del mercato, soprattutto nel caso in cui lo Stato e le istituzioni pubbliche locali facciano fatica a intervenire sia per mancanze di risorse che di competenze. Questo è particolarmente il caso dell’Italia dove lo Stato, fortemente indebitato, ha ben poche risorse aggiuntive da investire nel sociale. In particolare le istituzioni non profit private possono rispondere bene al fallimento del mercato legato all’erogazione di beni pubblici, quali  assistenza ai poveri, sport dilettantistico, servizi di istruzione e di formazione, cura delle persone con handicap. Tali beni pur facendo tanto bene alla società, non vedono le imprese for profit, che sono la stragrande maggioranza delle imprese esistenti in una moderna economia di mercato, volersi impegnare nella loro offerta. Il motivo è semplice: la produzione di questi beni o servizi è costosa, ma a fronte della loro vendita non si prevedono ricavi, per cui la loro erogazione non è compatibile con la massimizzazione del profitto. Sono proprio le istituzioni non profit del settore privato, quelle che compongono il cosiddetto terzo settore, a poter colmare questo vuoto. Esse infatti non si pongono, come è ben noto, l’obiettivo di massimizzare il proprio profitto, ma sono spinte nella loro attività da un obiettivo più di carattere sociale, di massimizzazione del benessere collettivo di una certa comunità territoriale, e quindi sono pronte a impegnarsi nella fornitura di alcuni beni pubblici essenziali per la nostra società. Il loro obiettivo societario è compatibile con l’essenza dei beni pubblici.

Conclusioni

Un problema ineludibile che le istituzioni non profit devono affrontare è quello del loro finanziamento. Raramente si trova un singolo magnate o un piccolo gruppo di magnati disposti a finanziare interamente una istituzione non profit. In assenza di questo, si torna all’importanza del dono da parte di una vasta platea sociale per ben finanziare una istituzione non profit e alla necessità di costruire professionalità per migliorare questa importante attività di raccolta di mezzi finanziari basata sul dono.

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1  Istat, Struttura e Profili del Settore NonProfit, 2022.

 

Giuseppe Colangelo - Professore Ordinario di Economia Politica nel Dipartimento di Diritto, Economia e Culture (DEC) dell'Università degli Studi dell'Insubria e coordinatore del corso di laurea triennale in Scienze del Turismo presso la medesima Università.

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