Bernardino Casadei, coordinatore del Master Promotori del Dono dell'Università dell'Insubria, ci racconta quali sono le tre sfide principali del Terzo settore e soprattutto qual è il ruolo fondamentale che potrebbe svolgere a beneficio della nostra società.

Sono tre le sfide che gli enti del terzo settore devono affrontare: la sostenibilità economica, la comunicazione e l’identità. La promozione del dono, che è uno scambio fondato sulla libertà, il cui fine non è la cosa scambiata, ma la relazione che si crea, può essere la risposta.

Sebbene i problemi economici non siano la causa, ma la conseguenza di limiti di altra natura, è evidente che delle organizzazioni che operano con margini ridotti, se non negativi, devono sviluppare modelli economici con altre fonti d’entrate oltre a quelle provenienti dalla vendita di beni e servizi. L’attività più redditizia che un ente non profit può implementare è la promozione del dono, la quale consente di avere ritorni sugli investimenti, anche superiori al 1.000%. Non promuovere il dono significa rinunciare ad un’entrata che può compensare le perdite operative, ma perché ciò possa funzionare, essa deve essere gestita come un’attività economica e non come una richiesta di aiuto. Gli enti devono essere consapevoli che offrono beni indissolubilmente legati alla loro missione, che, sebbene intangibili, sono i soli in grado di soddisfare alcuni dei bisogni che sono oggi i più importanti ed impellenti: il bisogno di senso, di emozioni, di relazioni, di appartenenza, ecc.

Spesso la comunicazione degli enti non profit è inefficace e autoreferenziale. Promuovere il dono significa poter misurare l’efficacia del proprio messaggio e, proprio perché si accompagna ad una chiamata all’azione alla portata di tutti e che oggi può essere realizzata in pochi secondi, come appunto una donazione, pone le basi per quel coinvolgimento che può creare una relazione duratura. Infine, dato che non si dona per i servizi erogati, ma per la missione perseguita, costringe l’ente a concentrarsi su quest’ultima e quindi a superare quell’autoreferenzialità che spesso caratterizza questo settore.

Oggi, mentre le imprese profit riconoscono che il loro successo dipende dall’approfondimento della propria missione, sono molti gli enti che la dimenticano per concentrarsi sui servizi erogati; che si autodefiniscono in modo negativo: non profit, non governativi; che finiscono per generare palliativi che servono solo a perpetuare le ingiustizie che vorrebbero combattere. La promozione del dono può aiutare gli enti a superare questa situazione. Essa li costringe a concentrarsi sulla loro missione, permette di distinguere in termini positivi il terzo settore dagli altri due e, soprattutto, contribuendo a rendere umano l’umano, può metterli in condizione di creare un mondo migliore. 

È forse giunto il momento di riconoscere come una società bulimica come la nostra non ha bisogno di ulteriori beni e servizi, ma della riscoperta della dignità della persona. Il terzo settore, come ci ricorda anche l’art. 2 della nostra costituzione, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella creazione di una società più umana, aiutando i singoli, siano essi donatori, collaboratori o beneficiari, a sviluppare la loro personalità.

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