Quante volte abbiamo sentito questo dilemma!

Il lavoro è sempre stato al centro del dibattito socioeconomico e politico in ogni periodo storico. Solo questo indica la sua centralità nella nostra vita. Anche oggi che si pongono questioni sul Lavoro “SÌ” o “NO”, sulla cosiddetta “grande dimissione” e, più ampiamente sulla intramontabile domanda “quale è il futuro del lavoro? 

Partiamo dal dilemma di fondo, intorno alla quale si costruisce il dibattito nell’ultimo periodo, tra chi sostiene che bisogna lavorare il meno possibile (vedi la riduzione dell’orario di lavoro o la grande fuga/dimissione) perché la vera vita la facciamo nel tempo libero (alcuni titoli di libri sono eloquenti “ma chi te lo fa fare? “Il lavoro non ti ama”1)  e  chi invece afferma che il lavoro non è solo necessità, fatica e frustrazione, ma anche uno “spazio” di realizzazione, di incontro con “l’altro” e di costruzione della propria identità (è interessante sul questo versante il libro di S. Cerlini)2

È evidente che le posizioni estreme non rappresentano la realtà. Siamo sicuri che la vita extra lavorativa sia sempre così appagante ed emancipante? Non tutte le persone vivono in ambienti sociali stimolanti, non tutte hanno una vena artistica e creativa, non tutte dispongono di un ambiente domestico così confortevole e piacevole (molte esperienze di smartworking l’hanno dimostrato). D’altra parte  possiamo dare per scontato che tutti i lavori offrano occasioni di crescita personale e professionale, retribuzione dignitosa e chiarezza riguardo alla loro finalità/utilità?   

I dati del mercato del lavoro a tale proposito sono difficili da interpretare usando la sola variabile del cambiamento della cultura del lavoro. Forse conviene aspettare perché l’andamento del mercato del lavoro è soggetto a fluttuazioni spesso a breve termine mentre i cambiamenti culturali intorno ai quali si sta dibattendo sono piuttosto a lungo termine. 

Ci soffermiamo su due domande sulle quali convergono comunque i vari approcci: “Come rendere il lavoro  attrattivo nell’era digitale”?  “E’ possibile arrivare ad una nuova emancipazione attraverso il lavoro?”  La nostra risposta è certamente sì ma non dipende solo dal tipo di lavoro, dall’attrattività e dalla capacità di retection dell’azienda (come viene spesso sostenuto). Serve un nuovo patto che però, proprio in quanto tale, va “stretto” ai due soggetti, impresa e lavoratore/trice. Nel dibattito attuale abbondano le indicazioni sugli obblighi e sugli adeguamenti dei modelli organizzativi (l’ESG ci ha messo la sua), ma scarseggiano le indicazioni su un’etica del lavoro. Anzi, come abbiamo visto, assistiamo ad una enfatizzazione della fuga del lavoro e delle motivazioni sottostanti. 

Vogliamo fare una riflessione a partire da due recenti esperienze concrete: un ente pubblico e una cooperativa. Entrambi in cerca di personale e quindi di fronte alla necessità di rendere il lavoro appetibile per attrarre/trattenere risorse qualificate, progettando percorsi  professionali interessanti in grado di valorizzare il lavoro e la competenza. 

La sfida consiste nel trasformare il lavoro da “dovere” e “obbligo” a “soddisfazione” e “nuova emancipazione”. Tanto tempo fa H. Ford diceva “Qualità è fare la cosa giusta anche quando nessuno ti controlla” e rimane ancora un principio valido. Ma questo richiama il dovere e l’etica lavorativa, non in astratto ma contestualizzati dentro un perimetro organizzativo specifico. In entrambe le organizzazioni si è investito sull’ipotesi di un Codice Etico Comportamentale, inteso non come un ulteriore strumento di compliance (spesso formale) ma come occasione per un nuovo incontro tra diritti e doveri e di dialogo tra impresa e lavoratori al fine di rigenerare l’impegno, la responsabilizzazione, il senso del lavoro e di appartenenza.  Questa è forse una strada (del resto neanche nuova!) più promettente per arrivare a stringere un patto che permetta di dare una risposta al dilemma posto dal titolo: vivere serenamente quando siamo al lavoro.  Sempre alla ricerca di un equilibrio (personale), al di fuori delle retoriche di volta in volta prevalenti.

___

S. Jaffe (2022), “Il lavoro non ti ama” Minimumfax, Roma; A. Colamedici e M. Gancitano (2023), “Ma chi me lo fa fare?” HarperCollins Italia, Milano.

S. Cerlini (2023), Manifesto dei Servi, Il Margine, Trento

Partner della formazione

ConfiniOnline fa rete! Attraverso la collaborazione con numerosi enti profit e non profit siamo in grado di rivolgere servizi di qualità a costi sostenibili, garantendo ampia visibilità a chi supporta le nostre attività. Vuoi entrare anche tu a far parte del gruppo?

Richiedi informazioni