I giudici sottolineano le criticità della normativa.

Il trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) implica un “assoggettamento fisico all’altrui potere”, incidente sulla libertà personale, e l’art. 14, comma 2, del decreto legislativo n. 286/1998, contiene una normativa inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i “modi” della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo in cui sono private della libertà personale: tale disciplina è infatti rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali. Lo ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 96/2025, depositata lo scorso 3 luglio.

La Consulta ha peraltro dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma citata, in quanto – si legge in un comunicato pubblicato dall’ufficio stampa della Corte medesima - “non è ad essa consentito porre rimedio al riscontrato difetto, ricadendo sul legislatore il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta”.

La pronuncia in commento è consultabile al presente link.

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