Il riscaldamento climatico di origine antropica è un fenomeno ambientale destinato ad impattare in maniera significativa verso tutto il Pianeta.

Se la causa del problema è antropica, allora la responsabilità della mitigazione climatica (cioè la riduzione delle emissioni di gas serra) ma anche dell’adattamento al climate change (cioè l’aumento della resilienza del territorio e dei sistemi socio economici locali agli effetti del riscaldamento climatico) è una sfida per tutti. Anche per il Terzo Settore.

Ma cosa significa parlare oggi di riscaldamento climatico? E quale può essere il ruolo degli Enti del Terzo Settore (ETS) nelle azioni di contrasto al cambiamento climatico?
Sul fenomeno fisico del cambiamento climatico parleremo a febbraio 2020 durante la Winter School di ConfiniOnline, qui di seguito trovate una riflessione sul “ruolo” del terzo settore rispetto al contrasto al cambiamento climatico.

Partiamo dalla considerazione per cui gli ETS sono normalmente molto radicati sul territorio di appartenenza, immersi in reti relazionali con una ampia varietà di soggetti del mondo sociale, economico, istituzionale ed associativo: gli ETS si contraddistinguono però anche per una elevata attenzione e sensibilità ad una serie di tematiche socio-ambientali che vanno anche al di là delle proprie specifiche aree di attività.
E’ su questi due cardini che il ruolo degli ETS potrà essere importante anche rispetto alla questione climatica.
E le parole chiave di questo nuovo “ruolo” del Terzo Settore credo possano essere consapevolezza, informazione/sensibilizzazione ed azione, in primis verso quel territorio dove gli ETS operano e che sarà prospetticamente sempre più coinvolto dagli effetti del cambiamento climatico.

Partiamo dalla consapevolezza. Innanzitutto al terzo settore serve prendere coscienza del problema climatico e delle sue implicazioni a scala geografica macro e micro: ma serve anche che gli ETS comprendano il proprio “ruolo” rispetto al riscaldamento climatico quantificando la propria “impronta di carbonio”, cioè la quantità di gas serra che l’esercizio annuale di ogni ETS emette in atmosfera.

Informazione. Alla consapevolezza deve seguire una azione di informazione e di sensibilizzazione da parte dell’ETS verso i propri stakeholder e verso il proprio territorio, meglio se insieme al Comune di riferimento: tali campagne di informazione nelle scuole locali e verso la cittadinanza servono per informare, ma sono anche la strategia per contribuire a costruire le basi per la successiva fase dell’azione.

Azione. Diventerà vitale “internalizzare” la gestione del riscaldamento climatico nell’attività del proprio ETS, vivendo cioè l’azione di contrasto al climate change dentro la pianificazione strategica dell’Ente. L’azione dovrà essere interna, lavorando per la decarbonizzazione dell’ETS attraverso la riduzione della sua “impronta di carbonio”, ma anche esterna in rete con gli attori del territorio: ciascun ETS potrà infatti aiutare a preparare infatti il proprio territorio ad agire per ridurre la propria impronta climatica, ma anche ad adattarsi al clima che cambia. 

In questo modo il Terzo Settore potrà così essere centrale -ancora una volta!- nelle dinamiche dei territori e dell’intero Paese.

Paolo Viganò, Ph.D – Presidente di Rete Clima ETS

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